Una storia della Vergine raccontata in prima persona. Maria di Nazareth, anziana e in esilio, decide di raccontare la “sua” storia sul figlio Gesù. E lo fa attraverso un racconto commovente e una voce insieme tenera e piena di rabbia.
Per Maria Gesù era una persona vulnerabile, da proteggere soprattutto da un gruppo di uomini – i discepoli – che non le ispiravano alcuna fiducia. Una storia di Maria diversa, totalmente ‘altra’. Forse scandalosa. Ma possibile, come infinitamente possibili sono le storie d’amore; le storie di madri che vedono allontanarsi i figli destinati a non fare più ritorno.
Dal romanzo, del 2012 e definito ‘romanzo superbo’ dal The New Yorker, è stata tratta una pièce teatrale, ad opera del regista Marco Tullio Giordana, con protagonista Michela Cescon e andata in scena in Prima Nazionale a Torino dal 17 al 29 novembre 2015.
Ho visto la piéce teatrale a Verona. Il testo è bellissimo perchè affronta tutta l’umanità del dolore della Madre, dilaniata e squarciata dagli avvenimenti e dall’Amore, umano e divino, per questo Figlio e da ciò che appieno non comprende. E trovo geniale questa prospettiva che non può che essere considerata in tutto ciò che riguarda Gesù, perfetto Dio ed Uomo. Forse che Dio non piange perchè Lazzaro, suo amico, è morto? O non prova angoscia o dolore in molte occasioni? L’attrice Michela Cescon molto brava. Tuttavia non ha apprezzato la regia; troppa rabbia, urlata, quando ne avrebbe giovato una recitazione dove fosse emerso anche il Dolore, infinito, dove l’Anima, sconquassata, pare fuggire e figlio del limite umano ed, al contempo, per questo, incommensurabile. Peccato
Ho visto lo spettacolo venerdì 15 gennaio a Verona. Mi sono sentita a disagio e poi non ho avuto paura ad esprimere il mio fastidio. E’ una donna arrabbiata quella che via via racconta di se. Questo sentimento è sordo, ostinato privo di compassione. E’ una Maria per la quale l’amore sembra essere solo l’ombra di un passato nostalgico perso per sempre. E’ ben lontana dal dolore umano che trasudava la Maria interpretata da Franca Rame. Sulla scena emergerono vittoriosi, non furia disordinata, piuttosto collera e sdegno condotti con preciso accanimento. Il dolore se c’è è rimasto nascosto. Solo durante la descrizione di un sogno la morsa si allenta, ma è un breve attimo e come il personaggio ribadisce è un sogno.