“Viviamo vite che non sono nostre, rispondiamo a interrogativi che nessuno ci ha formulato, ci lamentiamo di malattie di cui non soffriamo, aspiriamo a ideali altrui e sogniamo i sogni di altri: non esagero, è così! Quasi tutti i nostri progetti di felicità sono chimerici, le idee che diciamo di accarezzare non sono nostre. Le nostre aspirazioni sono quelle dei nostri genitori e ci innamoriamo addirittura di persone che in realtà non ci piacciono.
Cosa ci ha spinti a soccombere ad una simile impostura?
Perseguo qualcosa che nel fondo non desidero, lotto per qualcosa che mi è indifferente, ho una casa intercambiabile con quella del mio vicino, faccio un viaggio e non vedo nulla, vado in vacanza e non mi riposo, leggo un libro e non lo capisco, ascolto una frase e sono incapace di ripeterla.
Com’è possibile che io non mi commuova davanti a un bisognoso, che non risponda alle domande che mi rivolgono, che io guardi sempre dall’altra parte e non stia dove di fatto mi trovo?
Per questo mi son deciso di alzarmi in piedi e aprire gli occhi. Ho deciso di mangiare e bere con moderazione, dormire il necessario, scrivere solo il necessario a rendere migliori coloro che mi leggeranno, astenermi dalla cupidigia, e non compararmi mai coi miei simili. Ho anche deciso di innaffiare le mie piante e prendermi cura di un animale. Visiterò i malati, converserò con i solitari.
Vivrò dunque guidato dall’etica dell’attenzione e della cura» (Pablo d’Ors, Biografia del silenzio).