«Mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, disse: 6“Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta”. 7Gli domandarono: “Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?”. 8Rispose: “Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! 9Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine”.10Poi diceva loro: “Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, 11e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo. 12Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. 13Avrete allora occasione di dare testimonianza. 14Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; 15io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. 16Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; 17sarete odiati da tutti a causa del mio nome. 18Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. 19Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita». (Lc 21, 5-19)
Gesù, quasi al termine del Vangelo di Luca, assume un linguaggio apocalittico con l’intento non di prevedere il futuro o terrorizzare gli uditori per mantenerli buoni, ma di sollevare il velo sulla realtà presente, rivelando così il senso profondo della realtà qui ed ora.
Alla domanda «quando» verrà il Regno di Dio, Gesù sposta l’attenzione «sul come attenderlo». Il Regno di Dio – dice – si afferma ogni qualvolta si vive l’amore.
Attenderlo vuol dire renderlo presente amando.
Lo sguardo di Gesù nei Vangeli non si limita mai a costatare ciò che sta accadendo, ma va – e invita ad andare – in profondità, dona cioè un senso al vivere. Laddove uno sguardo superficiale vede soltanto sconvolgimenti e violenze, Gesù invita a vedere la propria vita, la creazione, il mondo intero procedente non verso “la fine”, ma verso “il fine”. Ciò che c’aspetterà, non sarà dunque la fine di tutto, ma un incontro, un Amore, nostro ‘fine’.
«Io sono l’Alfa e l’Omèga, il Primo e l’Ultimo, il Principio e la Fine» dice Gesù (Ap 22, 13). La propria vita, anche se attraverso tempeste e sconvolgimenti, alla fine, conoscerà una meta e un porto sicuro: “Se pure corressi per mari stranieri, tornerò sempre, Signore, a far naufragio nel tuo” (Mario Pomilio, Natale del 1833).
Dal Vangelo si evince che la domanda fondamentale della vita non è tanto: «Quando accadrà questo [fine]» (v. 7), ma come prepararsi a questo [fine]. Perché solo chi ha una meta, sa anche come muoversi sul sentiero. È sempre la meta a definire il cammino, a illuminare la strada. Altrimenti si è vagabondi, condannati a vagare, e in ultima analisi a naufragare.
E la meta, abbiamo detto è un Amore che ha già riportato la vittoria e che ora getta luce sul come e dove camminare.
Allora impareremo che la ‘fine del mondo’, non accadrà quando la violenza e la cattiveria raggiungeranno l’apice, e quando l’ultima bomba deflagrerà in tutta la sua potenza distruttrice, ma quando in ogni attimo del nostro vivere avremo occhi per scorgere il segno di un amore, di un gesto di bontà, di perdono gratuito. La ‘fine’ non sarà un fatto terribile, ma un evento di bellezza. Noi possiamo anticipare la ‘fine del mondo’ ogni volta che contribuiamo ad affermare e contempliamo un gesto di bontà e di bellezza. E ci troveremo a dire, in quell’attimo, come spesso ci capita di stupirci dinanzi ad una cosa bella: ‘è la fine del mondo!’.
Anche l’ultimo libro della Bibbia, l’Apocalisse, ci assicura – e rassicura – che il mondo non finirà nel fuoco di una conflagrazione planetaria, ma nella contemplazione della Bellezza: «Vidi la terra nuova, bella come una sposa, scendere dal cielo pronta per lo sposo» (Ap 21, 2).
Alla fine non trionferà il male, anche se ora è presente. Non sarà il male ad avere l’ultima parola. Questa apparterrà a Cristo, la Parola.
Alla fine vincerà la fedeltà di Dio che è più forte della morte. La risurrezione di Cristo ce ne dà la certezza. Ma tutto ciò accadrà come accade al seme che deve cadere nella terra e qui marcire. Certo, il corpo cadrà nel disfacimento, anche a causa di violenza perpetrata dall’odio, ma Gesù ci assicura che «neppure un capello del vostro capo perirà» (v. 18).
Non è la morte fisica la cosa peggiore che ci potrà accadere, ma piuttosto il non vivere nell’amore: «Non è niente il morire, spaventoso è il non vivere» (Victor Hugo, I miserabili).