OMELIA 2A DOMENICA DI PASQUA ANNO A

« [Quelli che erano stati battezzati] erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere. 43Un senso di timore era in tutti, e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. 44Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; 45vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno. 46Ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore, 47lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati».

La Pasqua del Cristo si è compiuta.

Da quell’alba di risurrezione, le energie del Risorto si son diffuse ed effuse in tutto ciò che esiste. Ora ogni realtà è impregnata dello Spirito di Dio, della vita stessa di Dio, ed essendo Dio l’Amore, tutto ciò che esiste ora è strappato alla morte perché l’Amore è più forte della forza della morte.

Dopo l’azione di Dio sul mondo attraverso l’amore fino alla fine di Cristo, anche il mondo, le relazioni, le persone, le dinamiche familiari, il lavoro, la vita intera possono giocarsi in una logica diversa, altra, non più dominata dalla necessità della violenza, del sopruso, della vendetta, del possesso, del dominio… È entrata nel mondo la possibilità di vivere diversamente il quotidiano, la propria vita, le amicizie e le inimicizie. Possiamo permetterci il lusso di non avere più nemici per poter sopravvivere; possiamo permetterci la grazia di non dover più accumulare denaro, beni e corpi per poterci assicurare un po’ di futuro; possiamo permetterci la libertà di non dover dimostrare nulla agli altri di quanto valiamo, attraverso performance che poco hanno a che fare con la nostra dignità di figli. Possiamo abbassare finalmente le maschere da teatranti, da sempre serviteci per farci accogliere e amare dalle persone che ci circondano.

Con l’energia di Cristo, il vivere comune non è più una gabbia dove si lotta per la sopravvivenza, ringhiando al vicino perché non si sfami alla mia ciotola. Dalla croce ci ha raggiunto finalmente quello Spirito grazie al quale possiamo alzare lo sguardo dal nostro ombelico, considerato il centro del mondo, ed accorgerci che esiste un mondo che ha bisogno del mio sguardo e della mia presa in carico.

Insomma, dal giorno in cui si è innalzato al cielo il grido “Cristo è risorto, è veramente risorto!”, è nata una società alternativa; alternativa al mondo, alla logica propria della città, da sempre fondata sul fratricidio. Per la Bibbia Caino, assassino di Abele suo fratello, è fondatore di città (Gn 4, 17), come nella mitologia, Romolo assassino del fratello Remo è fondatore di Roma (Tito Livio).

Ebbene, con lo Spirito del risorto è ora possibile invertire rotta, è possibile vivere in maniera altra le dinamiche umane.

Nella Prima lettera di Pietro, i cristiani delle prime comunità sono chiamati ‘pàroikoi’, ‘coloro che vivono accanto, fuori dalla casa’ (da cui parrocchiani / parrocchia). Erano i cristiani che nell’impero non godevano dei diritti di cittadinanza – generalmente appartenenti agli strati più bassi della società – residenti fuori dell’oikos, fuori della casa, fuori del sistema culturale, dalla logica sociale della città imperiale. A questi Dio propone di “costruire una casa spirituale” (1Pt 2, 5). Ovvero incarnare una forma di vita nuova, quella inaugurata da Cristo. Vivere in un modo ‘altro’ (alternativo) di fronte alla cultura e alla logica imperiale, facendo proprio uno stile di vita che i pagani – necessariamente – ‘trovano strano’: «Per questo trovano strano che voi non corriate insieme con loro verso questo torrente di perdizione e vi oltraggiano» (1Pt 4, 4).

I cristiani da sempre appaiono (o dovrebbero apparire!) nel mondo come coloro che vivono ‘fuori’ da uno stile di vita incentrato sul potere, sull’egoismo e sulla violenza. Coloro che stanno ‘fuori della casa’ intendendo rompere con ‘le passioni del mondo pagano’ (1Pt 4, 3) e di praticare ”l’affetto fraterno” (1Pt 4, 8) e “l’ospitalità” (1Pt 4, 9). Uomini e donne che mettono al centro l’altro, soprattutto se debole e bisognoso, non permettendo che alcuno viva da indigente, accettando di abbassare il proprio stile di vita perché la dignità dell’altro possa essere alzata.

La pagina degli Atti degli Apostoli, propostaci in questa seconda domenica di Pasqua, ci presenta la prima comunità dei credenti creata, plasmata, modellata proprio attraverso questo Spirito del Risorto. Raggiunti dallo Spirito dell’Amore, uomini e donne si son trovati trasformati e salvati, cominciando a vivere in modo straordinario, fuori cioè dall’ordinario modo di concepire la vita.

Essi erano perseveranti (v. 42), cioè vivevano abitualmente:

  1. «Nell’insegnamento degli apostoli», formato, plasmato da ciò che gli apostoli stessi hanno veduto, ascoltato e vissuto attraverso la compagnia di Gesù di Nazareth. Tutta la Chiesa si fonda su questo insegnamento degli apostoli; noi crediamo la Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica. Gli apostoli hanno udito, visto e trasmesso il modello offerto loro sul ‘monte’: «Fai secondo il modello che ti è stato mostrato sul monte» (Es 25, 40). Il Cristo crocifisso sul Golgota, è l’unico modello a cui rifarsi per vivere in modo altro e foriero di vita in questo mondo (cfr. Tt 2, 12).
  2. «Nella comunione». Raggiunti da questa parola, i cristiani possono vivere la comunione, il sogno dell’uomo di sempre, perché fatto per questo, dato che siamo ad immagine e somiglianza dell’amore (Gn 1, 26), ossia della comunione stessa che è Dio. Possiamo fare dei limiti, delle tensioni, delle reciproche fragilità non più un’occasione di divisione e violenza, ma possibilità di comunione, attraverso l’accettazione, il perdono reciproco e quell’accoglienza che fa della fraternità riconciliata una festa.
  3. «Nello spezzare il pane»: azione fondamentale dell’uomo rigenerato dallo Spirito del Risorto! Celebrare l’eucaristia – fons et culmen della vita spirituale – però non è mai fine a se stessa. Rivivendo nella celebrazione i verbi stessi pronunciati da Cristo nell’ultima cena: prese, rese grazie, spezzò, diede, dicendo prendetene e mangiatene tutti, ora l’uomo nuovo rivive tutto questo nel suo quotidiano. Noi ci poniamo nel mondo ricevendo tutto come dono (1Cor 4, 7) e quindi prendendo nelle nostre mani il tutto ma nella consapevolezza che è dono ricevuto dall’Amore stesso. In questo modo evitiamo di vivere accaparrando come fece Eva, che prese, mangiò e distrusse il dono senza riconoscerlo tale e soprattutto senza riconoscere dietro al dono il Donatore. Riconosciuta la vita come dono, non si può che ri-donarla ai fratelli. Per questo ora tutto ciò che si è e che si ha, si compie solamente facendola diventare un dono per l’altro. La nostra vita sarà veramente tale solo se verrà presa dai fratelli, spezzata, consumata da loro. Si vivrà in pienezza quando arriveremo a dire ai fratelli: prendete la mia vita e mangiatene tutti! Il celebrare l’eucaristia, fare la Comunione, avrà sempre come primo frutto quello di poter vivere a propria volta in maniera eucaristica, di «fare eucaristia in ogni cosa» (cfr. 1Ts 5, 18), come ebbe a dire Paolo. Si vive facendo vivere gli altri attraverso la propria vita.
  4. «Nelle preghiere». Un’esistenza vissuta in questo modo trasfigurata dallo Spirito del risorto non è una vita che si ricorderà ogni tanto di pregare, ma che è divenuta preghiera! Questo stile di vita è preghiera perché dominata, imbevuta dalla fonte della preghiera stessa che è Dio, che opera nell’uomo che opera.

Il testo continua affermando che «prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli» (v. 43). E quali sarebbero questi segni e prodigi? Una vita vissuta nel modo appena descritto. Una comunità di persone che sta in questo mondo vivendo con uno stile di vita così, è senz’altro il più grande segno – miracolo – che si possa verificare!

Vivere in maniera eucaristica, come dono nelle mani dell’altro, «stare insieme, avere ogni cosa in comune, vendere ciò che si ha per provvedere così alle necessità dei fratelli più bisognosi» (v. 44s.) è il vero miracolo scaturito dalla Pasqua di Cristo. Questo vuol dire vivere in maniera divina. Questo significa vivere in modo spirituale, nel senso che lo Spirito del Risorto si è fatto mia carne e quindi modo di gestire il tempo, i beni, il denaro in banca; modo di giocarsi le scelte quotidiane, le relazioni, gli affetti; modo di pronunciare le parole, di muoversi, di ragionare, di pensare, di vivere il tempo libero e gli affari; modo di abbracciare, di stringere e coraggio di lasciare andare… Tutto questo ce lo ricorda Paolo nella lettera ai Galati: «Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé» (Gal 5, 22). Vivere così è vivere da Dio, un vivere da risorti! Sempre in Atti degli Apostoli si legge: «Con grande forza gli apostoli rendevano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti essi godevano di grande simpatia. Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano l’importo di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; e poi veniva distribuito a ciascuno secondo il bisogno» (At 4, 33-35).

Ecco cosa vuol dire celebrare la Pasqua, vivere dello Spirito del Risorto, testimoniare il Cristo risorto nella storia, in una parola: essere cristiani: fare in modo, ciascuno secondo le proprie possibilità, che nessuno viva nel bisogno!

Perché lo Spirito santo, frutto della croce di Cristo, possa scendere in abbondanza su ciascuno di noi, al fine di sperimentare sempre più una vita risorta, completa, felice, prendendosi cura gli uni degli altri, facendo rivivere chi è immerso nelle tenebre, facendo uscire i poveri Lazzari dai propri sepolcri.

Questa è vita da Dio!