«Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
7Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
8Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: “Tu, chi sei?”. 20Egli confessò e non negò. Confessò: “Io non sono il Cristo”. 21Allora gli chiesero: “Chi sei, dunque? Sei tu Elia?”. “Non lo sono”, disse. “Sei tu il profeta?”. “No”, rispose. 22Gli dissero allora: “Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?”. 23Rispose:
“Io sono voce di uno che grida nel deserto:
Rendete diritta la via del Signore,
come disse il profeta Isaia”.
24Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. 25Essi lo interrogarono e gli dissero: “Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?”. 26Giovanni rispose loro: “Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, 27colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo”. 28Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando». (Gv 1, 6-8.19-28)
Al Battista viene chiesto: «Chi sei tu» (v. 19), ed egli risponde, per ben tre volte: «io non sono». Splendido!
Noi siamo ciò che non siamo.
«Chi sei», chiede Polifemo ad Ulisse nella caverna. E Ulisse risponde: «Nessuno», e solo con questo suo nuovo nome, il ‘senza nome’ può uscire indenne dalla caverna.
Certo, perché il rischio è quello di credere di essere ciò che pensiamo di essere o ciò che gli altri pensano – o vogliono – che siamo. Arrivare a definirci al di là dei nostri nomi, dei nostri deliri di onnipotenza, dei nostri sogni, delle nostre frustrazioni, e di tutte le attese riposte in noi da altri, è giungere finalmente alla verità di sé stessi.
Giovanni è semplicemente il testimone, chiamato a far risplendere dinanzi a sé una luce ‘altra’. Infatti non è lui ‘la luce’. Diffidiamo sempre di coloro che si reputano ‘illuminati’. È il germe di ogni dittatura.
Il testimone è colui che è chiamato a far risplendere una luce “altra”, non la propria. Per questo Giovanni giunge a definirsi semplicemente come ‘voce’. Non dice “sono la Parola”, ma ‘voce’, attraverso cui la Parola può dirsi. Egli è a servizio della Parola.
La voce senza parola è ‘non senso’, la Parola senza la voce è ‘muta’.
Ecco chi è il Battista: Voce che grida la Parola ovvero il Vangelo. Giovanni, come i profeti di sempre, son coloro che hanno il compito di svegliare le coscienze, a dire che sulle nostre teste c’è un male che tiene in ostaggio l’uomo, che gli impedisce di essere sé stesso. I profeti son coloro che gridano che non ci si può rassegnare all’ingiustizia, che occorre optare per soluzioni in grado di contribuire ad uscire dalla logica di potere, che l’uomo è fatto per altro, per la verità, e la verità ha sempre a che fare con la libertà e la giustizia. Giovanni verrà decapitato per questo. Erode tagliandogli la gola crederà di far tacere la voce, ma di fatto non farà altro che amplificarla a dismisura, in quanto la verità quando è messa a tacere grida ancora più forte.
Ieri come oggi, quando la verità è messa a morte, risorge dalle proprie ceneri e cammina avanti.
I profeti se uccisi non muoiono, diventano ancora più forti.