«Non abbiate dunque paura di loro, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto.27Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze. 28E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo. 29Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. 30Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. 31Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri! 32Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; 33chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli». (Mt 10, 26-33)
«Eppure nemmeno uno di essi [passeri] cadrà a terra senza il volere del Padre vostro» (v. 29b). Questo versetto può indurre a pensare che la morte del passero sia volontà di Padre, ossia di Dio. Fuori di metafora, ci si è portati dentro per tanto tempo – troppo – l’idea che possa essere volere di un dio la morte di qualcosa o di qualcuno; che sia sua volontà, ad esempio, la morte di un bambino o a provocare – o permettere – una malattia, un disastro naturale, una pandemia. Insomma, ci si porta dentro purtroppo ancora l’ancestrale monito: «Non cade foglia che Dio non voglia».
Ma questa idea non è cristiana, e non ha fondamento biblico. Per cui, magari dinanzi ad una morte, frasi del tipo ‘l’ha preso con sé, l’ha voluto con sé, ha strappato il fiore più bello…’, non hanno alcun senso.
Questo brano di Matteo continua ad essere tradotto in maniera fuorviante. Il testo originale, tradotto letteralmente, suonerebbe così: «Uno [dei passeri] da essi non cadrà, senza il Padre di voi». Non si parla di ‘volontà’ del Padre, ma semplicemente che un passero non cadrà a terra senza che Dio lo sappia, lontano da lui, senza che lui ne sia in qualche modo partecipe.
«Nel cosmo e nella storia degli uomini, Dio non fa nulla in più di ciò che operano le creature. La forza creatrice non agisce accanto o al posto delle cose o delle persone, ma le alimenta in modo che esse siano e possano operare» (Carlo Molari). Il nostro Dio non interviene in maniera arbitraria nelle vicende umane, e di conseguenza non può far nulla nei riguardi della morte, la sofferenza, la violenza, la malattia… L’amore non si sostituisce all’amato, non lo scavalca, togliendogli le castagne dal fuoco. L’Amore sta dalla parte dell’amato fino alla fine; non salva dalla sofferenza, ma nella sofferenza; non ci toglie dalla croce ma vi sale con noi per starci accanto.
Tutto accade, tutto si svolge nel mondo secondo un copione che non è dato comprendere e modificare, ma noi sappiamo altresì che alla fine ‘nulla andrà perduto’, tutto sarà recuperato perché tutto è contenuto nelle sue mani, perché pregno di lui.
«Dio non si colloca tra salute e malattia, ma tra disperazione e fiducia. Dio sta riflesso più profondo delle lacrime, per moltiplicarne il coraggio. Non placa le tempeste, dona energia per continuare a remare dentro qualsiasi tempesta. E noi proseguiamo nella vita per il miracolo di una speranza che non si arrende, di cuore che non disarmano» (E. Ronchi).
«Tutto è dove deve essere e va dove deve andare: al luogo assegnato da una sapienza che (il cielo sia lodato!) non è la nostra» (Oscar Milosz).