Mt 5, 1-12
Chi è il santo?
Un dizionario recita: ‘colui che si dedica a cose sacre; che vive secondo la Legge di Dio, che osserva i suoi comandamenti. Esente da peccato’. Anche se questa definizione circola ancora molto nel comune modo di pensare, non è da ritenersi evangelica e tantomeno cristiana.
Gesù – nei vangeli – non lo troviamo mai alle prese col sacro e non invita alcuno alla santità.
Ciò cui Gesù invita è piuttosto alla misericordia: “Siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso” (Lc 6, 36). In un altro passo afferma che se si vive da misericordiosi si diverrà ‘perfetti come il Padre’ (Mt 5, 48), cioè compiuti, realizzati.
Ciò che si evince dunque dal vangelo è che la santità è un cammino (un lungo cammino) verso la propria piena umanizzazione.
Diventare santi, stando al vangelo, significa divenire donne e uomini completi, fioriti. Anzi, in Luca Gesù afferma che il vivere attraverso il bene porta ad essere addirittura ‘figli di Dio’, della sua stessa sostanza. Divini!
“La divinizzazione è piena umanizzazione” dice il grande teologo Raimon Panikkar.
Ecco chi è dunque il santo: colui che procede sulla strada del prorio compimento, la propria pienezza, consapevole che a ciò si giunge non cancellando l’ombra che lo abita, bensì accogliendola e integrandola. Il santo non è l’uomo integro (in senso morale), ma integrale, unitario, perché ha fatto pace con gli angeli e demoni, le luci e le ombre che lo abitano.
Il santo è l’uomo riconciliato, anzitutto con sé stesso, e quindi in grado di esserlo con gli altri.
I santi sono lì a ricordarci che l’unico cammino che merita percorrere è quello dell’umanizzazione. Se lo compiamo non solo avremo vissuto con senso la nostra avventura umana, ma saremo stati anche portatori di Dio al prossimo, aiutando così Dio ad essere Dio.