Lc 2, 1-14
“Forse Dio è piccolo come un granello di polvere
E potremo vederlo soltanto col microscopio,
[…] E noi là in piedi, muti, sospesi a guardare.
Forse Dio è grande come il mare, e spumeggia e tuona.
Forse Dio è freddo come il vento d’inverno,
Forse ulula e romba come un rumore assordante,
E dovremo portare le mani alle orecchie,
Agghiacciati e tremanti, rimpiattendoci al suolo.
Non possiamo sapere com’è Dio. E di tutte le cose
Che vorremmo sapere, è la sola veramente essenziale.
Forse Dio è noioso, noioso come la pioggia,
E quel suo paradiso è una noia mortale.
[…] Sta seduto in un angolo e non dice parola.
[…] Non possiamo sapere. Nessuno sa niente.
Forse appena arrivati ci manda allo spaccio
A comprargli del pane e salame ed un fiasco di vino.
Forse Dio è noioso, noioso come la pioggia
E quel suo paradiso è la solita musica,
Svolazzare di veli, di piume, di nuvole,
Un odore di gigli recisi, una noia di morte,
E ogni tanto una mezza parola per passare il tempo.
Forse Dio sono due, una coppia di sposi
Abbandonati al sonno ad un tavolo d’osteria.
Forse Dio non ha tempo. Ci dirà di andarcene
E tornare più tardi. Noi andremo a passeggio;
Siederemo su di una panchina a contare i treni che passano,
Le formiche, gli uccelli, le navi. A quell’alta finestra,
Dio s’affaccerà a guardare la notte e la strada.
Non possiamo sapere. Nessuno lo sa.
C’è anche caso che Dio abbia fame e ci tocchi sfamarlo,
Forse muore di fame, e ha freddo, e trema di febbre,
Sotto una coperta sudicia, piena di cimici,
E dovremo correre in cerca di latte e di legna,
E telefonare a un medico, e chissà se subito
Troveremo un telefono, e il gettone, e il numero,
Nella notte affollata, chissà se avremo abbastanza denaro” (Natalia Ginzburg).
Duemila anni fa un uomo di nome Gesù, ci ha fatto compiere un passo in avanti su ciò che si cela dietro la parola ‘Dio’. Un passo così grande da poter credere che Gesù stesso, con la sua carne, la sua parola, esprimesse qualcosa della divinità. Come a dirci: vuoi sapere chi è il tuo Dio? Guarda me: con le mie parole, i miei gesti, il mio stile di vita dico Dio, come egli fosse presente qui.
E ora che il Nazareno non è più tra noi – ma in noi -, ci indica il modo per continuare a fare esperienza della divinità. E ci ricorda che Dio sta dove sta l’uomo affamato e lo si esperisce sfamandolo; dove l’uomo trema dal freddo avvolto in una sudicia coperta e lo si esperisce telefonando al medico. Nella speranza di conoscerne il numero e “abbastanza denaro per poterlo comporre”.