«E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, 15perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 18Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. 19E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. 20Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. 21Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio». (Gv 3, 14-21)
Con buona pace dei profeti di sventura cristiani, sponsor funesti d’inferni impossibili e punizioni divine, Giovanni ricorda che Dio non è venuto né per condannare (v. 17), e tanto meno per giudicare (cfr. Gv 8, 15), ma solo per salvare, ossia a fare in modo che l’uomo giunga alla pienezza di sé. E se proprio vogliamo parlare di ‘giudizio’ di Dio, questo altro non è che la croce, «giudizio del giudizio» – come dice Massimo il Confessore – che prende su di sé il male del mondo per distruggerlo trasformandolo in vita.
La spazzatura dispersa nell’acqua la sporca, gettata nel fuoco ne aumenta il calore e la luce.
Dio giudica amando e ama perdonando. Condanna salvando e si vendica perdonando. Dà vita a chi gliela toglie, e non toglie vita a chi non lo accoglie.
Esiste un solo modo per ‘essere condannati’ – e in questo caso si tratta di auto-condanna – non venire alla luce di sé (v. 20), non sbocciare alla vita, non costruirsi in grado di vincere la morte, non credere all’amore (v. 18); non accettare di lasciarsi raggiungere dalla luce che è venuta nel mondo (v. 19) per splendere su tutti: sui cattivi e sui buoni, sui giusti e gli ingiusti (Mt, 5, 45) e non vivere illuminando qualcuno, unico modo per spegnerci del tutto.