OMELIA XXVI domenica del Tempo Ordinario. Anno B

Mc 9, 38-48
Il Vangelo è sconcertante: ci suggerisce che la salvezza consiste nell’aver dato un bicchiere di acqua nel nome di Gesù (v. 41). Come d’altronde nell’aver dato da mangiare a chi è affamato, vestire chi è nudo, ospitare chi è forestiero, visitare chi è ammalato e in carcere, ecc. (cfr. Mt 25, 31ss.). Gesti semplici e incredibilmente laici.
Non ci si salva perché religiosi, cristiani o perché si crede in un Dio.
Ora, cosa significa concretamente compiere un gesto di bene nel nome di Gesù? (cfr. v.41). Non certamente farlo col nome di Gesù sulle labbra, o usando il suo nome come sponsor per un’attività caritativa ad esempio dell’azienda Chiesa.
‘Fare il bene’ non vuol dire ancora nulla di per sé, anzi è semplice ideologia. Non esiste il bene in astratto, come idea, ed è devastante quando lo si vuol credere ed affermare. Esiste solo il bene fatto dal singolo ad un altro singolo, concretamente, perché quest’ultimo possa vivere in pienezza. Assolutizzare l’idea del bene porterà sempre a distruggere l’uomo concreto purché quell’idea venga affermata. Tutti i sistemi dittatoriali hanno perseguito proprio questa ideologia diabolica. Per cui Cristo sarà sempre l’argine e la norma perché il bene sia sempre compiuto per la vita, la crescita, la verità di questo uomo concreto.
Qui il Vangelo vuole metterci in guardia proprio da questo pericolo: pensare che si possa fare ‘il bene’ senza tener conto del bene dell’altro! Questo è il vero scandalo (v. 42)
Insomma: non tutto il bene fa bene!
Quanta sofferenza si può perpetrare dietro alla frase: ma io l’ho fatto per il tuo bene… O peggio ancora: te l’ho detto per il tuo bene. A volte il vero bene sta nell’astenersi dall’agire per una determinata persona, ‘non fare’. E ci sono verità che non vanno dette, perché il dirlo non fa il bene dell’altro, perché l’altro non è ancora pronto per reggere quella verità, perché le conseguenze sarebbero più pesanti da sopportare che il bene apportato da quella verità. Non tutto va detto, ma solo quello che permette all’altro di vivere in pienezza.
Mi spaventa una Chiesa che fa cadere come un macigno la “verità” sulla testa delle persone, senza domandarsi se sono in grado di portarla, solo perché convinta che sia ‘per il loro bene’. Gesù ebbe a dire: «Guai anche a voi, dottori della Legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito» (Lc 11, 46).
Una Chiesa che usa la verità come strumento per ergersi a controllore della coscienza altrui è sempre molto pericolosa, in quanto istituita unicamente a servizio della felicità della persona, aiutandola a venire alla luce di sé stessa.