OMELIA 1a domenica di Quaresima. Anno C

Lc 4, 1-13

A Gesù viene chiesto: ‘vuoi essere felice?’. E gli viene indicata la via: ‘fai questo e lo sarai’.
Ma la felicità è una cosa seria, e se non lo comprendiamo rischiamo di perseguirla schiantandoci nei suoi surrogati, o meglio nel suo contrario, l’inferno che altro non è che l’impossibilità di amare.
Dovremmo imparare che ‘La felicità è una direzione, non un luogo’ (Sydney Harris). È sempre un ‘effetto collaterale’ del processo molto lungo che chiamiamo amore. Potremmo definirla come il retrogusto della vita declinata al bene.
Ecco perché Gesù rifiuta la via direttissima sulla parete nord della felicità. È troppo rischiosa. La vita è questione complessa e va vissuta momento per momento, fino in fondo, accogliendo ciò che ci apparecchia. Non esistono vie di fuga, scorciatoie. Rischiamo di pensare che la felicità consista nell’assenza di problemi, quando piuttosto sta proprio nella capacità di affrontarli.
La felicità – insomma – ci verrà incontro quando smetteremo di cercarla, impegnandoci piuttosto a favorire quella degli altri. Sempre nella consapevolezza che il bene dell’altro, il vivere relazioni sane, la pace è affermabile solo a caro prezzo, e con tempi molto lunghi, quelli propri dell’amore appunto.
Il bene è qualcosa di prezioso, e per questo non può che essere il distillato di un amore che ha conosciuto tutta la fatica del dono di sé, la scarnificazione per la rinuncia del proprio egoismo, che ha saputo versare lacrime e sangue perché il bene potesse essere affermato e divenire più forte anche della morte. Proprio come Cristo che trasforma il mondo del male in luogo di incontro e di salvezza, avendo vissuto prima, fino in fondo, la compassione, la pazienza, la compagnia buona con gli uomini che gli passavano accanto, sino a pagare completamente il prezzo di questo amore, salendo – e splendendo (Mt 5, 15)- su una croce.