Lc 13, 1-9
“Cosa ho fatto di male per meritarmi questo?”. L’idea di un Dio che premi i buoni e castighi i cattivi, circola ancora come un virus in una certa mentalità religiosa.
Gesù manda in frantumi la concezione d’un Dio onnipotente e quindi ‘troppo umano’. Distrugge l’equazione peccato = castigo, e quindi la tentazione di credere che l’umanità vada divisa in buoni e cattivi, santi e peccatori. Il mondo è costituito solo da ‘ladroni sulla croce’, ugualmente amati in quanto figli, e non per le loro prestazioni morali. Un Dio che amasse in base all’etica, cesserebbe d’essere l’Amore che invece si dà non per i meriti acquisiti (sarebbe un premio), ma perché non può non farlo. Come la luce non può non illuminare.
Paolo ha provato a balbettare qualcosa sull’essenza di Dio: egli è magnanimo, buono; non invidioso. Non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta” (1Cor 13, 4-7). Questo è il Dio di Gesù.
Se la quaresima ha un senso, è quello di disintossicarci una falsa immagine di Dio. Occorre convertirci, trasformare la nostra mentalità, smetterla di sbagliarci su di lui, perché, come diceva Turoldo: «Sbagliarsi su Dio è un dramma, è la cosa peggiore che possa capitarci, perché poi ci sbagliamo sul mondo, sulla storia, sull’uomo, su noi stessi. Sbagliamo la vita».