OMELIA XIX domenica del Tempo Ordinario. Anno C

Lc 12, 32-48

Siamo tutti amministratori della nostra vita (cfr. v. 42).
Il Vangelo di questa domenica è un forte invito all’attenzione, ossia fare in modo che il nostro ‘capitale umano’, non venga dissolto nel nulla ma giunga a suo pieno compimento. I verbi che ricorrono con insistenza hanno infatti tutti a che fare con una vita attenta, non distratta: «essere pronti, attendere, aprire, stare svegli, agire…». Si può amministrare la vita accumulando il grano – ossia l’essenziale – (Vangelo di domenica scorsa), ed è il modo migliore per sperimentare il fallimento; oppure si può amministrare donando la vita per far vivere i fratelli, in una parola: condividendo.
«Beato [felice] quel servo, che il padrone, arrivando, troverà ad agire così» (v. 43). Così come? Intento a donare “il grano” che fa vivere i fratelli. Se ci scopriremo intenti a far felici gli altri, allora vivremo appieno anche noi. A quel punto Dio ci porrà a capo di tutti i suoi averi! (v. 44). Ma quali potranno essere gli ‘averi’ di Dio? Egli forse possiede qualcosa? No, se non sé stesso, per cui ciò che ci donerà sarà niente meno che sé stesso, e quindi diverremo come lui! Il partecipare della nostra vita agli altri ci trasforma in Dio.
L’uomo che vive solo di ‘possesso’, incentrato sul proprio ombelico, conoscerà una vita segnata solo dalla violenza. Si notino i verbi: picchiare, mangiare, bere, stordirsi (cfr. v. 45). In questo caso, dice il testo: «Il padrone di quel servo […] lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli». La traduzione letterale sarebbe: «Il padrone di quel servo […] lo dividerà in due». In che senso? Chi vive tutto incentrato su di sé è un essere a pezzi, ‘diviso’ in due, segnato da preoccupazioni e divisioni; da una parte desidera con tutto sé stesso la felicità, dall’altra opta per strategie fallimentari.
Ovviamente non sarà Dio a dividere, frantumare e spezzare, ma sarà l’uomo che andrà in pezzi, perderà il proprio io-autentico, attraverso il suo egoismo esasperato.
Occorre insomma prestare molta attenzione a come ci stiamo giocando la vita. Ora, qui.
Gesù di Nazareth oggi ci fa memoria che «Dire ‘io’, significa dire – all’altro – ‘eccomi’» (E. Lévinas).