XXIII domenica del Tempo Ordinario. Anno B
Dn 12, 1-3
Eb 10, 11-14.18
Mc 13, 24-32
«In quei giorni, dopo quella tribolazione,
il sole si oscurerà,
la luna non darà più la sua luce,
25le stelle cadranno dal cielo
e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.
26Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. 27Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo. 28Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. 29Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte. 30In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. 31Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. 32Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre».
Dove andiamo a finire? Il mondo, la storia, le nostre storie dove stanno andando a finire?
Abbiamo molta paura del futuro, soprattutto di ciò che ci attenderà al termine della nostra vita, perché l’idea di fondo è che stiamo precipitando verso il nulla, che la vita sia un andare verso la fine.
La cronaca di cui siamo pervasi, ci fa memoria di violenze, di odi, distruzioni e di un male con crescita esponenziale. Pare che il sole continui a oscurarsi, la luna smetta di dare luce, e che le stelle precipitino a terra, etimologia esatta della parola dis-astro. E la domanda è sempre la solita: ma dove andremo a finire?
Il Vangelo, buona notizia, ci ricorda che la storia non è un disastro, che non stiamo andando verso la fine, ma verso il fine, un incontro con l’Amore; ciò che ci attenderà sarà un abbraccio del Dio vivente, ossia il nostro compimento, la nostra realizzazione.
Il Vangelo ci fa memoria inoltre che il momento in cui il sole si oscurò completamente fu quando Gesù, l’Amore più grande, fu crocifisso sulla croce (cfr. Mc 15, 33). Lì si spense il sole, perché la Luce stessa si accese per dare vita a ciò che era morto, e non spegnersi mai più.
Per cui, alla fine di tutto, del male di ogni giorno, della nostra personale storia, del mondo intero, cosa rimarrà? La vittoria di Cristo sul male, sulla storia, sul mondo stesso. L’amore sarà l’ultima parola, perché ha già vinto. Dio ha già distrutto il male, la violenza, l’odio. Alla fine di tutto ci sarà il Vivente, un volto di benevolenza, un abbraccio che tutto accoglierà e raccoglierà, e non il male, la distruzione, il disfacimento. Non stiamo per disfarci, ma per trasfigurarci. Questo è il nostro vivere: cammino di trasfigurazione.
Non solo, il Vangelo di oggi ci dice che quando il male parrà avere trionfato, quando si assisterà alla manifestazione massima del male, allora contempleremo appieno la gloria di Dio: «Vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria» (v. 26). Perché? Semplicemente perché nel venerdì santo è accaduto proprio questo: dinanzi al male assoluto, alla croce di Cristo, alla morte di Dio, un uomo ha gridato: «davvero quest’uomo era figlio di Dio» (Mc 15, 39).
Il trionfo del male rivelerà solo ciò che sta oltre il male, toglierà il velo su ciò che sta oltre se stesso: il trionfo del bene, della luce che non può essere inghiottita dalla tenebra ma che può solo illuminarla; l’amore folle che porta su di sé e recupera e trasforma.
Al termine della storia, con tutta la sua portata di male, l’ultimo atto sarà quello di Dio che dona la vita per i peccatori, ai maledetti che gli hanno tolto la vita.
«Il giudizio di Dio è la misericordia per ogni miseria, il giudizio di Dio è dare la vita per chi lo uccide e perdonare i crocifissori ed è così che vediamo la gloria di Dio: che Dio è amore, perdono senza condizioni, per cui la croce stessa, tutto il male del mondo non fa altro che rivelare in modo più grande la bontà e l’amore di Dio.
Allora il fine del mondo sarà la testimonianza di Dio come amore e l’uomo che finalmente lo scopre ed è ciò che è capitato sulla croce, per cui chi capisce la croce, capisce il senso della propria storia e della vita» (Silvano Fausti).
Se entrassimo in quest’ottica, se comprendessimo che viviamo in un mondo già salvato, e che ciò che ci attende non è la fine ma il compimento della nostra avventura terrena, vedremo che è il futuro a illuminare e dare senso al presente, perché fosse vero il contrario, sarebbe solo disperazione.
Perciò l’invito di Gesù, nel Vangelo di oggi, è proprio quello di cambiare lo sguardo sul mondo. La cronaca che odora di morte, diverrà così rivelazione di qualcosa di grande e di assurdo: una vicinanza impressionante dell’amore fedele, che non abbandona, ma attende, recupera e accompagna.
«Quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte» (v. 29).