Mc 7, 31-37
Gesù si reca in pieno territorio pagano, la Decàpoli, come a farsi presente nelle nostre zone consuete d’incredulità e lontananza.
Gli viene condotto un sordomuto (v. 32), anche se nel testo originale si ha letteralmente: ‘sordo e malparlante’, un uomo che parla ma non dice nulla.
Viviamo in un mondo dove parlare è rumoreggiare, il dire uno sparlare, il comunicare un non-senso. Immersi in un turbinio di parole che non dicono nulla e non aiutano a crescere, a maturare, a compierci. Per questo la vita diventa ‘assurda, etimologicamente dissonante, stonata.
Ora, il problema del vivere – sottolineato nel vangelo – è che siamo sordi a quella parola che, se ascoltata, potrebbe dare senso alla vita, rivelare l’uomo all’uomo. È la parola pronunciata dall’Amore che ci dice: «Io ti amo così come sei, senza se e senza ma». Il muto di questa pagine è tale perché sordo a questa parola. E una vita sorda all’amore diviene una vita odiosa.
Occorrerà dunque rimanere aperti alla parola dell’Amore che mi dice: «Effatà, apriti!», “vieni alla luce di te stesso. Rinasci”. Allora imparerò a ‘parlare correttamente’, ovvero la mia vita tornerà a dire qualcosa di sensato, ad essere feconda.
Finché ci chiudiamo all’ascolto, emettiamo solo ‘suoni e rumori’, parliamo scorrettamente, e le azioni che ne derivano saranno quelle del potere, declinate in dominio, furbizia, possesso, inganni, finzioni. Se guariamo l’orecchio, organo collegato al cuore, ci sentiremo finalmente amati e in grado di ‘parlare’, capaci di prenderci cura di qualcuno, di condividere, abbracciare, creare comunione, e darci da fare per la pace e la giustizia.
Maria, nella tradizione orientale, è definita “la tutta orecchi”. Infatti la maternità l’ha vissuta prima nell’orecchio e poi nel ventre. Ella è stata fecondata dall’orecchio, dice un antico Padre della Chiesa, Efrem il Siro. Ha ascoltato la Parola, e ha partorito il Cristo.
L’uomo edificherà intorno a sé spazi di luce nella misura in cui presterà orecchi alla Parola fattasi Luce.