Lc 3, 15-16.21-22
Ciascuno possiede un proprio Giordano personale, una sorgente interiore da cui scaturisce il ‘fiume d’acqua viva’.
In quest’acqua, in questo luogo vivificante si è invitati a scendere ed immergersi come pratica quotidiana, in Silenzio e con fiducia.
È questo il luogo sacro al centro di sé, dove il Sé autentico dimora. Spazio in cui mi scopro puro, senza sensi di colpa, originale e autentico, e dove il giudizio degli altri è interdetto e le ferite non lasciano il segno. Luogo dove non è più necessario difendersi, mostrare qualcosa e vivere di prestazioni.
Dentro di me esiste una profondità tale dove son uno-con-me-stesso, con la natura e con Dio.
Nel deserto della vita è importante imparare a scendere nel proprio Giordano interiore e lì dimorare. Stare, stare, stare. E poi il cielo si aprirà, perché abbandonato l’io e il mio ciò che rimane è semplicemente il Tutto che si dà come ‘soffio’, vento, quella ruah femminile (Spirito Santo nel vangelo) che feconda la vita, trasformandola in un nuovo inizio, e perciò in una ri-creazione (la colomba del testo).
Ogni volta che ci siederemo praticando l’attenzione, il silenzio, il respiro torneremo a casa, luogo da cui in verità non ci siamo mai allontanati ma che per disastrosa distrazione abbiamo troppo ignorato. E qui, in questo cielo infinito di cui partecipiamo impareremo ad ascoltare le parole che affiorano e dicono: ‘Tu sei il Figlio mio, l’amato’.