«Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. 29Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. 30Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. 31Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?”. Risposero: “Il primo”. E Gesù disse loro: “In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. 32Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli”». (Mt 21, 28-32)
Non è difficile riscontrare in me, il figlio che vive d’apparenza, quello che dice sempre sì, ma non fa la volontà del padre (v. 31). Per il fatto di appartenere alla ‘squadra’ di Cristo, ritengo di potermi dire discepolo facendo la volontà di Dio. Ma Gesù ha detto: «Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli» (Mt 7, 21).
Ma poi riscontro anche in me, l’altro figlio della parabola, quello che dice no, quello che spesso fa fatica a vivere con suo Padre, che si allontana spesso dalla sua casa. Quello che fa esperienza della propria debolezza, che vorrebbe ma non ce la fa, quello che si ferisce attraversando il proprio peccato. Quello che si ritrova sempre al punto di partenza. Ebbene, il Vangelo di oggi mi ricorda che proprio questo figlio, questa povera parte di me, infangata sino al collo, ha compiuto la volontà del Padre. Infatti stando al Vangelo, comprendo che la ‘volontà di Dio’ consiste nell’accettare, accogliere e fare esperienza dell’amore gratuito e immeritato di Dio per me. Perché compiere la volontà di Dio non è fare qualcosa per lui, obbedire a una sua norma, o moltiplicare atti religiosi, ma permettere che lui compia in me la sua opera, che si manifesti in me ciò che lui è. Fare esperienza dell’amore del Padre, della sua misericordia, in una parola sentirmi figlio amato.
Il figlio che compie la volontà del Padre, è il figlio ‘sbagliato’, ingiusto e malato, perché solo così ha potuto finalmente sperimentare in cosa consiste l’essenza del Padre: nell’Amore e nel perdono.
«Pubblicani e prostitute vi passeranno avanti nel regno di Dio» (v. 31). Loro non si possono ingannare. Se lo ricordano bene ogni istante ‘di che pasta son fatti’, o comunque ci sarà sempre chi glielo ricorderà. Dinanzi a Dio non hanno meriti da vantare. Essi sono nella condizione per sperimentare che la Misericordia attrae a sé, come una calamita, la miseria.
Il Vangelo di oggi ci ricorda che vero cieco è chi crede di vedere, vero peccatore chi si crede giusto.
Tra i tanti figli che fanno la volontà del Padre nel Vangelo, uno risplende in modo particolare: si tratta del ‘buon ladrone’ sulla croce a fianco di Gesù sul Calvario. Se ora si trova su quel patibolo infame c’è da credere che abbia passato la vita a dir di no al suo Dio, attraverso una vita non certamente esemplare, ma ora viene presentato come colui che fa la volontà del Padre, in quanto apertosi al dono di quell’Amore che per donargli il paradiso è salito fin lassù al suo fianco.
«Avrò anche detto di no a te mio Signore per tutta la vita, per la mia fragilità, il mio egoismo, il mio peccato, ma so anche Signore che tu sei l’amore che desidera solo che io mi apra a te per riceverti. Per questo adesso ricordati di me».
«Oggi tu hai fatto la volontà del Padre mio, che vuole solo che tu sia con me, ora, in paradiso».
Olivier Clément, grande teologo ortodosso ebbe a dire: «Mi sono convinto, con Dostoevskij, che il «protagonista» del cristianesimo non è l’uomo morale e virtuoso, ma il pubblicano, il ladrone e la prostituta che volgono il cuore al Signore, poiché il santo altri non è che il peccatore che si apre al suo Amore».