«Gli apostoli dissero al Signore: 6“Accresci in noi la fede!”. Il Signore rispose: “Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.
7Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? 8Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? 9Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? 10Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”». (Lc 17, 5-10)
Dinanzi alla storia, uno dei più grandi peccati degli uomini, e soprattutto dei cristiani, è la rassegnazione. Nel passato sia i cristiani che il ‘mondo’, trovarono un supporto ideologico di giustificazione a questo ignavo comportamento. I cristiani in quello che va sotto il nome di peccato
originale: Dio creò buono l’uomo ma poi questo divenne malvagio per colpa propria. Da qui, siamo tutti peccatori e va da sé che tutto il male che c’è nel mondo è in un certo senso inevitabile, ‘non ci si può far niente’, e non rimane che pregare Dio. Questa teologia (assolutamente non evangelica!), che ogni tanto conosce ancora rigurgiti nell’attuale panorama teologico – lo so benissimo, lo dico a chi è facile a scandalizzarsi, è un dogma, c’è nel Catechismo ai nn. 386ss., andrebbe creduto, ecc… – ha partorito generazioni di uomini religiosi disinteressati delle sorti del mondo, credendo che la fede consista nel loro solo intimissimo rapporto col divino. Bonhoeffer a proposito, scrisse che mentre nelle chiese si cantava in gregoriano, ad Auschwitz e in altri luoghi di morte, morivano milioni di ebrei.
Il mondo, da parte sua, ha trovato come giustificazione al proprio peccato di ignavia, la cosiddetta ‘legge di natura’, così ben riassunta da Plauto e Hobbes: ‘Homo homini lupus’. Cosa si vuole, l’uomo è così di natura, è violento e la guerra è dunque inevitabile.
Leggo un commento interessante al brano di Vangelo di oggi, di Ernesto Balducci – da me spesso citato –, straordinaria figura di uomo, cristiano e prete e vorrei qui offrire alcuni suoi pensieri perché li ritengo illuminanti e anche perché non riuscirei esprimere meglio ciò in cui credo.
Tra le virtù teologali e cardinali, secondo Balducci ne manca una fondamentale: la fede nell’umanità. Forse, prima di credere in Dio, sarebbe necessario cominciare a credere nell’uomo: «La fede nella possibilità che l’uomo ha di liberarsi del suo male è una qualità straordinaria. La fede nell’uomo è la fede nell’impossibile, è la fede, per esempio per chi lotta perché il mondo sia fatto da uomini eguali fra loro e senza violenza» (Balducci).
In molti pii uomini religiosi scatta l’idea che l’uomo da solo in fondo non ce la fa: ci vuole Dio! Ma il Vangelo di oggi è chiarissimo: ‘solo dopo che hai fatto tutto ciò che dovevi fare, fino all’estremo, sino alla morte, solo dopo potrai dire “sono un servo inutile”’. Ma non prima. L’uomo religioso invece lo dice prima: sono inutile. Questo vuol dire tradire l’umano, la storia e in ultima analisi Dio.
Questo tipo di fede occorre mettere in campo nel nostro vivere quotidiano. Questa fede nella capacità di bene insita in noi stessi, nella nostra retta coscienza, nella nostra profondissima capacità di amare. Si sposterebbero così montagne di odio e di violenza, d’intolleranza e d’ignoranza.
Oggi, ancora qualcuno crede in Dio, ma chi crede ancora nella bontà dell’uomo?
«Abbiamo avuto uomini che hanno saputo morire per il futuro dell’umanità, hanno dato voce alla specie umana e sono morti per questo. Che importa se dicevano che in cielo non c’è nessuno? In cielo ci sono tanti idoli. Ce li abbiamo messi noi. Forse è una via necessaria anche quella di spopolarlo, visto che molta sostanza di umanità è stata proiettata e come alienata nel cielo delle immaginazioni. Quel che conta è la fede nel futuro dell’umanità. Dobbiamo essere intransigenti contro i rassegnati. I veri nemici del futuro non sono i cattivi, i terroristi, ma i rassegnati.
C’è una serenità illegittima, come quella di certe comunità di fede che si riuniscono e poi si nutrono di Alleluja in un mondo pieno di armi. La fede seria è quella che ci mette di fronte all’Epulone e al Lazzaro e ci chiede di pronunciarci» (Balducci).