«La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: “Pace a voi!”. 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi”. 22Detto questo, soffiò e disse loro: “Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati”. (Gv 20, 19-31)
Gesù è ‘risuscitato dai morti’ perché è incarnazione dell’amore più grande.
Non si risorge perché si muore, ma perché si ama.
I discepoli, dopo i giorni della passione, sono trincerati dentro ad un luogo chiuso per paura, e Gesù vi fa irruzione. Si ripresenta ai suoi, a quelli che ha sempre considerato amici, quelli che solo pochi giorni prima l’hanno tradito, rinnegato e abbandonato. Ma Gesù s’ostina a credere nell’amicizia e nella viscerale bontà dell’uomo.
Qui l’amicizia si fa perdono, e invece di rimproverarli, rinfacciare loro la bassezza raggiunta, facendo nascere in loro rovinosi sensi di colpa, li benedice col dono della pace, e regala loro il dono più bello, lo Spirito Santo, la sorgente stessa dell’Amore.
Gesù nella sua vita deve aver capito che l’unica cosa di cui abbisogna una persona quando sbaglia è di sentirsi amata, di essere accompagnata e compresa.
Perdonare è un fatto di risurrezione. Fa risorgere chi perdona e chi è perdonato.
Le ferite che mi hai inferto con la tua angoscia, la tua cattiveria, la tua violenza ora io le mostro a te come la cosa più bella che ho: «Mostrò loro le mani e il fianco» (v. 20).
Sono diventate perle, perché avvolgendole nell’amore son riuscito a non restituirtele, e non imprimerle sulla tua carne: ciò che di male non viene restituito, è strasformato in bellezza.
Perdonandoti mi son permesso di non rimanere nel sepolcro dell’odio, sono uscito dalla tomba e ho lasciato cadere le bende che mi stringevano nel desiderio di vendicarmi, di restituire il male, di moltiplicarlo all’infinito.
L’amore sa comprendere, sa capire il male che abita in te perché l’ho visto anzitutto presente e operante in me. Solo così son riuscito a perdonarti, perché guardando dentro il mio abisso ho scoperto che in fondo non sono diverso da te, e l’ombra, la cattiveria e la fragilità abitano in me come in te. E attraverso il lungo apprendistato dell’amore comincio finalmente a pacificare il mio mondo interiore, nella consapevolezza che un uomo in pace con se stesso è in pace con l’intero creato.
Solo in questo modo si rinuncerà alla vendetta: guardando dentro di me, capisco come sei potuto arrivare a questo punto.
E ora ‘pace a te’, risorgi anche tu. Il mio perdono ti permetta di uscire dal tuo sepolcro in cui la tua colpa ti ha rintanato. Tu sei più grande del tuo errore, della tua cattiveria, del tuo odio. Io ti permetto di risorgere, di rinascere ancora una volta, di ritentare la vita ancora una volta. Fosse solo per ‘sbagliare ancora e sbagliare meglio’.
E come due risorti, ci rincontreremo forse un domani oltre la soglia della morte, non ricordando più di fatto, chi ha ferito e chi è stato ferito.