OMELIA 30a Domenica Tempo Ordinario anno A

«Allora i farisei, avendo udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme 35e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: 36”Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?”. 37Gli rispose: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. 38Questo è il grande e primo comandamento. 39Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso. 40Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti”». (Mt 22, 34-40)

 

 

Il dottore della Legge lo interroga dicendo: Qual è il grande comandamento? Non è una domanda banale, perché nella selva di comandamenti da osservare, ben 613, per un pio ebreo individuare quale fosse il ‘grande’ comandamento non era cosa da poco.

Gesù risponde con Dt 6,5, la preghiera dello Shemà, che riassume “il comandamento” che da sempre ha segnato, come un sigillo, il popolo d’Israele: “Amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la mente”, questo è ‘il grande’ comandamento, aggiungendo che è anche ‘il primo’ tra tutti i 613 precetti (v. 38).

 

Gesù si affretta a dire che in realtà ne esiste un secondo: «Amerai il tuo prossimo come te stesso», ma che è simile al primo (v. 39). Nel senso che questo non aggiunge nulla al primo, ma lo specifica: ‘Si ama Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la mente, amando chi si fa a me prossimo’.

Si affretta a specificarlo, perché il dottore della Legge, ossia ciascuno di noi, non s’illuda che basti un cuore ‘infiammato’ per Dio per essere uomini di Dio. Non è sufficiente osservare tutta la sua legge, per essere effettivamente suoi.

 

Con tutto il cuore’, non significa che Dio ha occupato tutto il cuore per cui non vi è più possibilità di amare l’altro. Se Dio ti ‘riempie’ il cuore è per rendertelo capace di andare ‘oltre’ Dio, e ‘oltre’ te stesso, ossia verso l’altro. Nel proprio rapporto con Dio o c’è un terzo da raggiungere o diventa tutto un pretesto. O il rapporto con Dio attira il fratello in questo circolo d’amore, o è semplice sentimentalismo romantico.

 

«Il “salutismo spirituale”, che si preoccupa solo della salvezza della propria anima, indica una pericolosa deformazione. Non si può stare soli dinanzi a Dio. Ci si salva tutti insieme, collegialmente, come diceva Solov’ëv: sarà salvato chi salva gli altri. Doroteo di Gaza ci dà una bella e chiara immagine della salvezza: il centro del cerchio è Dio e tutti gli uomini sono sulla circonferenza; dirigendosi verso Dio ognuno segue un raggio del cerchio e più si è vicini al centro, più i raggi si avvicinano tra loro. La distanza più breve tra Dio e l’uomo passa per il prossimo». (Pavel Evdokimov)

 

Amato Dio – il primo – che per il cristiano vuol dire permettere a Dio di raggiungermi, d’amarmi, mi accorgerò che l’altro – il secondo – è simile al primo, a Dio: «Quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25, 40). L’altro, il fratello, è simile a Dio in tutto, anche nel modo di raggiungerti. Infatti chi è il prossimo? Quello che ti si fa accanto, quello che incontri, quello che ti sorprende dall’esterno, e che non ti saresti mai atteso. L’insospettabile e l’inattesa presenza che ti chiede di entrare in relazione con te.  

L’io amante non sceglie mai il tu da amare, ma è pre-scelto dal tu che gli si fa presente. Non ‘si fa’ la carità, ma si è fatti dalla carità. L’io non si salva scegliendo l’altro, ma nell’essere scelto, vocato dall’altro: chiamato fuori dalla propria prigionia, da un tu che viene a visitarlo ‘come sole che sorge’ per rendere così feconda la vita.   

 

È questa la grande novità del cristianesimo, apportataci con il mistero dell’incarnazione: il volto di Dio si è fatto volto dell’uomo.

Ma è necessario che il primo rimanga primo, non nel senso cronologico, ma fondativo. L’essere nell’amore di Dio, essere ‘inzuppati’ in Lui ci permetterà di relazionarci con tutto in maniera vera; la relazione/amore verso l’altro (il prossimo) e verso se stessi (amarlo come se stesso…) sarà possibile solo in quell’amore più grande. Se si toglie Dio, l’unico cui spetta l’amore con tutto il cuore, ci si asservirà al dominio degli altri e di se stessi. Amare Dio ‘sopra ogni cosa’, vuol dire impedire che ogni cosa divenga Dio.

 

Ma quale difficoltà arrivare ad amare Dio in questo modo, si dirà!

Ma forse è proprio per questo che il comandamento fondamentale di Dt 6 è «Tu amerai in questo modo» e non «ama ora in questo modo». Il verbo dell’amore è coniugato al futuro; l’imperativo può fare tanto del male nelle relazioni di amore. L’amore richiede un lungo apprendistato: tu arriverai ad amare compiendo pian piano questo amore nel lento e faticoso esercizio dell’amore quotidiano.

 

L’erba per crescere necessita di molto tempo, se tirata si strappa…