«Allora Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli 2dicendo: “Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. 3Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. 4Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. 5Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; 6si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, 7dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente.
8Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. 9E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. 10E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. 11Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; 12chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato». (Mt 23, 1-12)
Il brano del Vangelo di oggi è un’invettiva molto dura di Gesù contro il potere religioso del suo tempo. E di ogni tempo.
La ‘religione’ ha sempre rischiato di trasformarsi in strumento di potere e di asservimento delle persone, educate ad obbedire più che a pensare, per semplice fatto che ciò che viene comandato loro è semplicemente spacciato come ‘volontà divina’. Ora, chi oserebbe dissentire ad un dettame proveniente niente meno che dall’altro mondo?
Eppure Gesù ha smascherato che spesso ciò che viene prescritto dalla religione è solo ‘volontà umana’: «Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini» (Mc 7, 7). Chi detiene il potere spaccia insomma i propri pensieri, i propri interessi e i propri deliri per ‘diritto divino’, schiacciando di fatto le persone con precetti, comandamenti e norme morali pesantissime da reggere (v. 4), riguardanti un po’ tutti gli ambiti dell’umano, ma in particolare quelli dell’affettività e della sessualità. Ma loro, questi pesi non vogliono muoverli neppure con un dito.
Gli uomini ‘religiosi’ di ieri e di oggi amano sentirsi chiamare ‘rabbì’ dalla gente, che tradotto significa ‘Mio Signore’, che non è altro che l’attuale ‘monsignore’. Ma Gesù dice no. Non esiste altro Signore che quello della vita, di fronte cui tutti gli uomini sono uguali, perché tutti figli ugualmente amati.
E non si chiami nessuno ‘padre’ sulla terra. E noi abbiamo inventato addirittura il titolo di ‘santo Padre’, riferendolo ad un uomo che spesso nella storia si è sentito autorizzato – ovviamente ancora una volta dall’alto – a dispensare paura e morte, quando non c’è che un solo Padre che non può che dispensare vita, amore e perdono.
Ma soprattutto – incalza Gesù – nessuno si faccia guida di nessuno! C’è solo una guida, Gesù, l’unico maestro che col suo Vangelo ci ha indicato la via da seguire, quella del bene verso tutti, della compassione per ogni creatura e del perdono come atto di risurrezione.
Eppure pare che ancora in certi ambienti, non ci si possa muovere se non si riceve l’autorizzazione dell’alto, se non si ha il placet dell’autorità religiosa, di una ‘guida’ che ti dica cosa credere, come credere, cosa fare, cosa evitare e come amare.
E questo potere della religione di ‘guidare le coscienze’, non conferitole da nessuno, continua ad essere esercitato ancora oggi, ammantando ‘grandezza’ e potere l’autorità stessa, ma Gesù dice con chiarezza che l’unica grandezza nelle cose che riguardano Dio e le sue creature, è solo il servizio: è grande solo chi serve, chi si prende cura liberamente di chi gli sta accanto ed è in stato di bisogno. Agendo così, anche all’interno di un’istituzione – come la Chiesa – chi sta in alto dovrebbe essere di fatto potente servitore degli ultimi, configurandosi sempre più a quel Dio che è ‘onnipotente’ solo perché amore infinito.