«Diceva loro nel suo insegnamento: “Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, 39avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. 40Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa”. (Mc 12, 38-44)
41Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. 42Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. 43Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: “In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. 44Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere”».
Nel Tempio di Gerusalemme, luogo preposto all’unione con Dio, occorreva pagare un tributo per poterci entrare. Il do ut des di ogni religione: io ti do e tu mi dai.
Sappiamo che Gesù, questo sporco gioco commerciale, lo condannò fin dall’inizio della sua attività pubblica, quando entrò nel Tempio scaraventando in aria i tavoli dei cambiavalute, e scacciando fuori dalla casa di preghiera, i commercianti del sacro (cfr. Gv 2, 13ss; Mc 11, 11.15-17).
Punta di diamante di questa casta religiosa, tutta dedita a cantare i salmi e contare i soldi, erano gli scribi, da cui Gesù nel Vangelo odierno invita a guardarsi (v. 38). Son da lui definiti come ipocriti – ossia teatranti -, guide cieche, pazzi, sepolcri imbiancati e razza di vipere. Rappresentanti dell’establishment religioso, fungevano da ‘guardiani del tempio’, arrogandosi il diritto di decidere chi doveva stare fuori e chi dentro; possedevano la chiave interpretativa della Bibbia, erano altresì custodi della Legge, con voce decisionale nelle scuole e nei tribunali. I rappresentanti di Dio in terra insomma.
Il fatto grave, è che questi scribi, non si sono mai estinti nella storia; protetti sempre dal potere temporale, hanno attraversato indenni i secoli, arrivando sino ai giorni nostri, insinuandosi nelle pieghe di una certa chiesa corrotta e collusa coi potenti, riempiendo tristemente le pagine di cronaca di questi giorni. Per questo il Vangelo di oggi è drammaticamente attuale.
Da sempre la religione va a braccetto col denaro, il potere e il successo. È come se non potesse farne a meno.
Gesù in tutto il Vangelo ha ripetuto come un mantra, che Dio e il ‘commercio’ sono incompatibili.
Ci sono molti modi infatti per commerciare con la divinità. Per Gesù è inaccettabile che gli uomini ‘paghino’, per incontrarsi col loro Dio. Dio è dono gratuito – essendo solo Amore – ma noi uomini siamo riusciti a farne una prostituta, che dà il suo amore in cambio di denaro e prestazioni sacre. Il Dio di Gesù Cristo non si concede dietro a un compenso, ma è dono gratuito per chi ne ha più bisogno.
Alla luce di tutto questo, c’è da chiedersi come Gesù abbia letto l’episodio della povera vedova, dinanzi al tesoro del tempio. Credo dobbiamo superare una certa lettura moralistica di questo brano. Quelle riportate nel Vangelo odierno, non sono parole d’encomio verso questa donna, ma un terribile atto di accusa nei confronti di una certa religiosità che “divorava le case delle vedove” (v. 40).
Gesù qui denuncia senza appello, una religione ipocrita, tutta dedita a pregare il Dio del cielo, disprezzandolo però nei poveri. Per Gesù, la preghiera prolungata (v. 40) che non conduce a prendersi cura dell’uomo, è soltanto atto egoistico che serve ad ingrassare il proprio io: «…per farsi vedere» (v. 40). Non solo, Gesù non può accettare che si usi Dio per riempire i tesori del tempio (e delle chiese!), magari svuotando le case dei poveri. È un assurdo!
Questa donna non aveva più nulla per vivere, se non due monetine. Ma una certa religione, le avrà sempre fatto credere che in cielo ci sta un Dio che apprezza il sacrificio, che se gli si dà qualcosa lui risponde senz’altro con generosità. E che magari “quando il soldino cade nella cassetta, l’anima vola in cielo benedetta”. E allora avanti con questo gesto folle, insensato, questo ‘dare tutto quello che aveva per vivere’. Ma il miracolo non ci sarebbe stato l’indomani. Una donna vedova, senza un minimo sostentamento alle spalle su cui poter contare, a quel tempo, era solo una donna morta. E Dio non è il Dio dei morti, ma dei vivi (cfr. Mc 12, 27).
Gesù nel Vangelo ci ricorda che nel cuore di Dio, le cose stanno diversamente. Dio è l’unico che si è sacrificato perché l’uomo potesse vivere. L’Amore ha svuotato la sua ‘casa’, e impoverendosi sino alla morte, ha fatto ricco l’uomo. È Dio che è morto in un atto assurdo e folle, perché la sua creatura non dovesse più sacrificarsi per una divinità.
Per questo che con la rivelazione del Dio di Gesù, è finita la religione che ha il potere di soffocare e distruggere l’uomo, e si è inaugurata la modalità della fede, accoglienza di un amore grande, che non chiederà mai di dare tutto ciò che si ha per vivere, ma che dona totalmente la propria vita perché l’amato possa tornare a vivere in pienezza.