«Gli si avvicinarono alcuni sadducei – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: 28“Maestro, Mosè ci ha prescritto: Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello. 29C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. 30Allora la prese il secondo 31e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. 32Da ultimo morì anche la donna. 33La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie”. 34Gesù rispose loro: “I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; 35ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito:36infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. 37Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. 38Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui”». (Lc 20, 27-38)
Il Vangelo di oggi, riporta una diatriba tra Gesù e la fazione religiosa dei sadducei, i quali credono che non vi sia risurrezione dei morti. Questi, per ironizzare su questo fatto, raccontano l’episodio della donna che muore dopo aver avuto sette mariti, per poi domandare a Gesù: nel giorno della risurrezione, a quale di questi uomini andrà in moglie la donna?
L’idea distorta di risurrezione – intesa come mera rianimazione di cadavere – propria di questa setta religiosa, pare essere la medesima di molti cristiani. Essi pensano che risorgere voglia semplicemente dire tornare in vita col proprio corpo, avere una sorta di seconda chance dell’esistenza. La questione di fondo, sottesa al Vangelo di oggi, è che i sadducei – con i loro discepoli contemporanei – immaginano la risurrezione come un evento futuro, riguardante il ‘dopo morte’, mentre Gesù invita a pensare la risurrezione come una realtà che coinvolge la nostra vita al di qua della morte.
Gesù di Nazareth, ha rivelato che il suo Dio è quello del roveto del Sinai, che non rivela il suo nome (cfr. Es 3, 14), ma piuttosto invita Mosè ad andare a liberare i propri fratelli dall’oppressione egiziana. Dall’Antico Testamento evinciamo che l’autentico nome di Dio è quello di ‘liberatore’, e questo coincide con la sua stessa azione di liberazione. Gesù ribadisce in questo modo che Dio non è il Dio che si preoccupa dei morti, ma dei vivi e soprattutto dei derelitti, dei prigionieri, dei poveri. Il nostro Dio è solo il Dio della vita e dei viventi, tra i quali Abramo, Isacco e Giacobbe, che sicuramente son morti ma che qui Gesù considera come viventi, e quindi già risorti!
«Quelli che sono giudicati degni della vita futura… non possono più morire» (vv. 35s.). Interessante, Gesù sta prospettando una possibilità, una modalità di vita che permetterà di non morire. Ma qual è concretamente? Vivere già ora da risorti, e dal Vangelo sappiamo che vive da risorto chi fa coincidere la propria vita (il proprio nome) con l’azione di liberazione (risurrezione) dei fratelli oppressi da una vita diminuita.
«Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni» (Mt 10, 8): è questo il grande invito missionario di Gesù ai suoi, che se vissuto fa sperimentare una vita che non conoscerà la morte. È l’invito in fondo a vivere alla stregua di Dio. L’unico modo per vivere per sempre (da risorti) e vivere da risorti già ora. Non c’è alternativa. Di una vita da morti-viventi, disinteressata al bene dell’altro, neanche Dio può farci nulla perché, abbiamo sentito, egli non è il Dio dei morti.
«Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte» (1Gv 3, 14).
Dunque ai sadducei di ieri e di oggi, i quali immaginano la risurrezione come un qualcosa che verrà dopo la morte, egli ripete «voi siete in grave errore» (Mc 12, 27).
I cristiani delle prime comunità, non si ponevano affatto il problema se e come sarebbero risorti, ma come poter vivere da risorti in questa vita. Chi vive da ‘vivente’ , ossia come amante della fecondità dell’altro, da liberatore, la morte biologica non lo toccherà se non nel corpo che si dissolve in polvere, ma per il resto la sua persona continuerà a vivere per sempre.
«Gesù disse: “Sapete perché quel viaggiatore porta con sé un agnello? Tra l’altro non lo può cavalcare e ad ogni dogana deve pagare il dazio. Lo porta, perché, quando sarà affamato, lo ucciderà e se lo mangerà”. Gesù sorrise e aggiunse: “Certo non potrà mangiarlo quando è vivo. Prima lo ucciderà e poi lo mangerà. Anche voi potete essere come quell’agnello, che può essere mangiato soltanto quando è già cadavere. Vincete la paura per non diventare cadaveri. Finché sarete vivi, la morte non vi potrà toccare. Nessuno potrà mangiarvi. Se la morte vi trova vivi, non vi toccherà”» (dal vangelo apocrifo di Tommaso).