OMELIA 3a Domenica di Pasqua. Anno B

«Ed essi [i discepoli di Emmaus] narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

36Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”. 37Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. 38Ma egli disse loro: “Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? 39Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho”. 40Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. 41Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: “Avete qui qualche cosa da mangiare?”. 42Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; 43egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.44Poi disse: “Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi”. 45Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture  46e disse loro: “Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, 47e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. 48Di questo voi siete testimoni”». (Lc 24, 35-48)

 

Gesù è risorto dai morti e si mostra ai suoi.

Ma occorre stare attenti al significato profondo delle apparizioni pasquali; l’intento non è quello di mostrare che il crocifisso è risorto, ma che il risorto è il crocifisso. La nostra fede si fonda sul fatto che il Risorto è il Dio crocifisso. Affermare il contrario – ossia che il crocifisso è risorto –  vorrebbe dire semplicemente che ciò che capitò in quel primo giorno della settimana, fu solo la rianimazione di un cadavere, come avvenne per Lazzaro (cfr. Gv 11, 43), per la figlia di Giairo (cfr. Mc 5, 41), e per il figlio della vedova di Nain (cfr. Lc 7, 14s.).

 

Noi crediamo che il risorto è il crocifisso, perché crediamo che laddove l’amore dà il massimo di sé, la morte non può nulla e la vita finalmente trionfa. Ecco perché in tutti i racconti di apparizione le ferite di Gesù risorto sono così importanti, per non disgiungere mai il fatto dell’amore crocifisso dalla sua ultima conseguenza, la risurrezione. Ed è per questo che le piaghe del risorto saranno indelebili per l’eternità: «Con i segni della passione vive immortale», recita il prefazio di Pasqua. Il Risorto non può non essere il crocifisso: non si dà resurrezione se non passando dal venerdì santo.

Questa è la nostra fede. Si vivrà nella nostra carne la gioia della resurrezione – già qui ed ora – solo se le proprie mani porteranno impresse le ferite provocate da quell’amore verso i nemici non più distinti dai propri amici: «E se gli si dirà: “Perché quelle piaghe in mezzo alle tue mani?”, egli risponderà: “Queste le ho ricevute in casa dei miei amici”» (Zc 6, 13).

 

Quanto sono importanti dunque le nostre ferite. Non dobbiamo gettarle vie, esse son destinate a diventare materiale di risurrezione, se accettate nell’amore e offerte all’Amato. Le ferite delle nostre mani ci rimanderanno forse agli schiaffi ricevuti da bambini, ai duri interventi del proprio padre. Le ferite ai nostri piedi potranno farci memoria delle persone che ci hanno trattato come pezze da piedi, delle offese e degli abusi subiti, e del dolore che nessuno in quel momento fosse dalla nostra parte; le ferite del nostro costato ci riporteranno a quando abbiamo sofferto per un amore fallito o tradito e patito per abbandoni insensati.

Il Vangelo ci dice oggi che tutto questo materiale di scarto è ora possibile che divenga la pietra angolare (cfr. Mt 21, 42), fondamento, possibilità di fare esperienza del Risorto, in quanto egli fa dei miei limiti luogo di comunione e di risurrezione. Ogni ferita è possibilità che nasca una perla.

 

I discepoli, dinanzi all’apparire di Gesù, «pensavano di vedere un fantasma» (v. 37). Certo, ora per vedere il Cristo risorto occorrono occhi nuovi, capaci di scorgerlo presente in ‘segni segreti’, ossia ovunque l’amore si manifesti. «Facilmente potremo riconoscerci: abbiamo fra di noi dei segni segreti che noi siamo soli a conoscere, e non gli altri» (Odissea, libro 23, vv. 105-230).

 

Gesù ha promesso di essere presente e di farsi incontrare laddove si spezzerà il pane in sua memoria, come avvenne per i discepoli di Emmaus (Lc 24, 30s.). E questo non vorrà dire celebrare semplicemente le eucaristie dentro le nostre chiese, ma nutrendoci del pane eucaristico diverremo pane spezzato per i fratelli, là in mezzo alla città degli uomini (cfr. v. 49), divenendo così capaci di dar da mangiare agli affamanti, da bere agli assetati, di vestire gli ignudi, di visitare e consolare malati e carcerati (cfr. Mt 25, 31ss.); ebbene, proprio in quel momento faremo esperienza del Risorto in quanto «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25, 40).