«Gesù disse loro: Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, 47e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. 48Di questo voi siete testimoni. 49Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto.50Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. 51Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. 52Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia 53e stavano sempre nel tempio lodando Dio». (Lc 24, 46-53)
Con l’ascensione, Gesù entra definitivamente ‘nel cielo’ di Dio (v. 51).
Stiamo attenti a comprendere bene i termini: il cielo non è quello che sta sopra le nuvole. Con l’evento dell’incarnazione il cielo s’è fatto carne. Io sono ora il cielo di Dio.
L’ascensione non sarà perciò un allontanarsi di Dio dall’uomo, ma il compimento di un’unione totale, indissolubile, per sempre con ogni uomo. Possiamo dire che con l’ascensione si è passati dal Dio-con-noi al Dio-in-noi.
Interessante notare che i discepoli dopo l’ascensione di Gesù a Betania, scendono a Gerusalemme, simbolo della città per antonomasia, del quotidiano, della vita insomma, e lì ‘stanno sempre nel tempio lodando Dio’ (v. 53). Anche qui occorre comprendere cos’è questo tempio di cui si parla. Non è quello in muratura – tra l’altro già distrutto da circa quindici anni quando Luca scrive – dove magari trovare rifugio e protezione da un mondo cattivo. Il tempio è la dimora di Dio con gli uomini, è la stessa città di Gerusalemme, definita in Apocalisse come ‘nuova’ (Ap 21, 2), in cui – tra l’altro – non esiste più alcun tempio! (Ap 21, 22). Questo significa che con la mia vita, con il mio vivere la quotidiana avventura, io sono il tempio di Dio: «Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?» (1Cor 3, 16). Con l’avventura terrena di Gesù, dall’incarnazione all’ascensione, non possiamo più separare l’umanità e Dio.
Per cui con l’ascensione Gesù da una parte ci apre alla consapevolezza che siamo una cosa sola con Dio, come l’onda è una cosa sola col mare anche se distinta, dall’altra ci ricorda che per fare esperienza di questa unione, occorre entrare nel vivo delle dinamiche terrene, delle relazioni umane, per la causa e nella cura dei fratelli.
Sì, oggi se vogliamo fare esperienza di Dio, occorre vivere e frequentare un tempio tutto particolare. Non più quello dove vige la logica del commercio, fondato sul dare e avere nei confronti della divinità, sulle pratiche religiose, le osservanze a leggi e precetti, il tutto condito da un po’ di sentimentalismo lacrimogeno. Gesù ci ha insegnato a stare al mondo senza bruciare incensi a nessuna autorità, religiosa o civile che sia. Tutto questo fu spazzato via quando Gesù stesso scacciò con forza dal tempio tutti i suoi commercianti (cfr. Lc 19, 46). Non sarà mai infatti l’ottemperanza ad una legge ad assicurarci la salvezza, infatti Gesù è sempre il «crocifisso secondo la Legge». Il ‘tempio altro’ in cui siamo chiamati a dimorare è cominciare a vivere ‘da Dio’, essendo noi ormai un’unica realtà con lui, facendone esperienza in tutti i poveri cristi uccisi secondo le leggi, civili o religiose che siano.