«Essi [i Magi] erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: “Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo”. 14Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, 15dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
Dall’Egitto ho chiamato mio figlio. 16Quando Erode si accorse che i Magi si erano presi gioco di lui, si infuriò e mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio e che avevano da due anni in giù, secondo il tempo che aveva appreso con esattezza dai Magi. 17Allora si compì ciò che era stato detto per mezzo del profeta Geremia:
18 Un grido è stato udito in Rama,
un pianto e un lamento grande:
Rachele piange i suoi figli
e non vuole essere consolata,
perché non sono più.
19Morto Erode, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto 20e gli disse: “Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino”. 21Egli si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d’Israele. 22Ma, quando venne a sapere che nella Giudea regnava Archelao al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nella regione della Galilea 23e andò ad abitare in una città chiamata Nàzaret, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo dei profeti: “Sarà chiamato Nazareno”». Mt 2, 13-15.19-23 (qui 13-23)
Giuseppe dorme e viene svegliato da Dio.
Il “sogno” di Dio è un risvegliare l’uomo dal suo sonno, perché la vita vera non è quella sognata, ma quella reale. A quel punto Giuseppe, simbolo di ogni uomo, compie tre tappe che sono di ciascuno quando si desidera compiersi appieno:
1) prendere con sé Maria e il bambino. Il bambino è il vangelo – consegnatoci dalla Chiesa-, ossia eterna memoria di essere amati da un amore più forte della morte e che illumina la vita;
2) compiere con loro sia l’entrata che l’uscita all’inferno/Egitto, la parte più buia di noi, e illuminarla di questa luce che dissipa le tenebre;
3) riposare finalmente nella propria ‘casa’. Il cuore ha bisogno di un luogo dove riposare.
Non c’è niente da fare. O compiamo il viaggio nelle parti più buie del nostro essere, o non diverremo mai adulti. È necessario imparare ad abitare l’ombra, osare l’oscurità, scendere nel proprio Egitto interiore, dove siamo schiavi e desideriamo con tutto noi stessi la nostra terra promessa, la felicità.
Deve giungere finalmente il tempo di osare di fare esperienza del nulla, del vuoto, dell’assenza, del deserto, dove non vi siano più appigli e appoggi. È giunto il momento di esperire Dio anche nell’assenza, nell’abbandono, perché in fondo – dice Bonhoeffer – «Il Dio che è con noi è il Dio che ci abbandona». Sì, imparare a non vedere nulla, a non assaporare nulla, a non conoscere nulla, per fare finalmente esperienza del tutto.
Il vangelo mi ricorda che se non apporto luce nelle mie zone più oscure, se non le abito, non le chiamo per nome, non potrò fare ritorno a ‘casa’, a dirmi chi sono veramente. Facciamo pace con i nostri mostri interiori. Abbracciamoli e ri-componiamoci, noi storie frantumate, tra desideri folli e sensi di colpa abbruttenti, sapendo che la vita è una, e va accolta in tutta la sua verità.
L’amore non ama a pezzi, così dovrebbe essere il nostro rapporto con la vita. ‘Visitiamoci’ nella nostra e nelle nostre verità, anche quelle più indegne. Baciamo le nostre ferite, come fa la madre con le ferite del suo piccolo. Quanto abbiamo bisogno di baciare, amare, accoglier il nostro bambino interiore, sfinito e ferito. Amare, accogliere, baciare le ferite non significa giustificare e assecondare. È semplicemente un gesto di verità, primo passo verso la fecondità.
Al Signore è sufficiente il sogno, pur fragilissimo per portare avanti la sua storia, per sventare il disegno omicida di Erode e degli erodi che s’annidano in noi. Se non altro per impedire che esso prevalga, a scapito del suo disegno di salvezza. Nessun male potrà mai infrangere il sogno di Dio, ovvero il mio desiderio di felicità e di vita per sempre.