Gv 2, 1-11
La vita è un continuo partorirsi. E questo è il momento giusto per venire al mondo la seconda volta.
Una vita annacquata non dice più nulla a sé e agli altri; la festa della vita langue, tutto è noia e ripetizione. Ciò che manca è il vino, il ‘superfluo necessario’, lo spirito creatore, l’Amore ‘che move il sole e l’altre stelle’.
Non attingendo all’energia che ci abita, siamo ‘anfore di pietra vuote’, illudendoci magari che tramite il gioco – e giogo – della religione, fatta di riti e osservanze – le anfore erano lì per la ‘purificazione rituale’ (v. 6) – si possa vivere un po’ meglio sino alla prossima illusione.
Occorre “rinascere dall’alto” dice Gesù in un altro passaggio di Giovanni, e questo lo si fa attingendo all’altro mondo che risiede nel profondo del nostro mondo interiore. Gesù non ordina di distruggere le vuote anfore di fredda pietra, o di sostituirle, ma di riempirle. Attingi alla vita, la tua per quanto sgangherata possa era, e fallo ora, prendi consapevolezza che dentro di te abita comunque tutto ciò di cui hai bisogno, e diventa creativo, generativo.
Quanto più riusciamo a stare in contatto col nostro spirito, più siamo in contatto con la forza creativa e trasformatrice che attraversa l’intero Universo.
La forza creativa ci abita, ma spesso è sopita e nascosta. Ri-creare la nostra vita significa onorare lealmente la nostra esperienza, tutta, senza rifiutare nulla, considerando tutto come valido e degno. Il che equivale ad accogliere la nostra vita come quella giusta per noi, il nostro corpo e la nostra mente come quelli giusti per noi, e persino le nostre patologie e i nostri vizi: sarà il processo del confronto con queste ombre e del loro superamento a insegnarci l’esatta lezione di cui abbiamo bisogno.
Si rinasce sempre dalle proprie ceneri. Una cara amica mi ha insegnato che se siamo andati in pezzi, possiamo ricomporci proprio grazie a quei cocci, ma non ricostruendo il vaso com’era prima – altrimenti non si è imparato nulla – ma qualcosa di nuovo. L’evento distruttore può generare in noi qualcosa d’inedito, prima impensabile, assurdo, ma altrettanto bello. Dobbiamo solo aprirci all’inaudito.
L’arte moderna potrebbe suggerirci qualcosa a proposito.
Creare la propria vita, o meglio accettare di trasformarla, non vorrà dire alla fine creare un prodotto ex-novo, ma assaporare il piacere di un processo: trasformazione e non cambiamento dell’acqua in vino. Non è stato portato del vino, ma è l’acqua a diventare vino.
Non occorre arrivare neanche alla fine del processo, aver creato ad esempio una bella vita per provare una grande gioia, in quanto la gioia emerge dal processo in sé, non dal conseguimento d’una meta.