«In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. 2Prendendo la parola, Gesù disse loro:
«Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? 3No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. 4O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? 5No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». 6Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. 7Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. 8Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il
concime. 9Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”». (Lc 13, 1-9)
“Cosa ho fatto di male per meritarmi questo?”. Dio che premia i buoni e castiga i cattivi, fa purtroppo ancora parte di una certa mentalità cristiana.
Gesù manda in frantumi l’idea di un Dio “troppo umano”. Egli distrugge l’equazione peccato =
castigo, semplicemente perché Dio non può castigare. Mai, né ora e tanto meno dopo la nostra morte.
La verità cui Gesù vuole aprirci, è di non credere che l’umanità sia divisa tra buoni e cattivi, santi e peccatori. Il mondo è costituito da ‘ladroni sulla croce’, tremendamente amati perché figli, e non per le nostre opere buone. Se Dio ci amasse in base alla nostra morale, cesserebbe d’essere Dio, perché l’Amore non si dà per i meriti acquisiti (si chiamerebbe premio), ma perché non può farne a meno.
Dio, essendo solo Amore, non può non amare.
Paolo ha provato a balbettare qualcosa sull’essenza di Dio: l’Amore è magnanimo, buono; non invidioso. Egli non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta” (1Cor 13, 4-7). Questo è il Dio di
Gesù di Nazareth. Se la quaresima ha un senso, è quello di disintossicarci una falsa immagine di Dio.
Occorre convertirci, trasformare la nostra mentalità, smetterla di sbagliarci su Dio, perché, come diceva Turoldo: «Sbagliarsi su Dio è un dramma, è la cosa peggiore che possa capitarci, perché poi ci sbagliamo sul mondo, sulla storia, sull’uomo, su noi stessi. Sbagliamo la vita».
‘Convertirsi’, significa non credere ad un Dio terrorista che minaccia morte e condanna chi non cessa di compromettersi col male, ma piuttosto affidarsi ad un Dio-contadino-paziente-fedele che si
prende cura del mio ‘campo’ e in me scommette ad oltranza, povero terreno che per quanto incolto e infruttuoso, vuole rimanere aperto a ricevere quel seme nel quale risiede la potenza della vita.
E infine comprenderemo la vita perché consapevoli entrambi, io e Dio, che verrà il tempo in cui anche il mio albero porterà frutto e il mio deserto fiorirà.