OMELIA III domenica di Quaresima. Anno C

Lc 13, 1-9

Il vangelo di oggi può essere riassunto con questa domanda: “Cosa ho fatto di male per meritarmi questo?”. L’idea di un Dio che premia i buoni e castiga i cattivi, se la portavano dentro i discepoli di Gesù e molto cristianesimo oggi.
Gesù pare mandare in frantumi l’idea di un Dio onnipotente e quindi ‘troppo umano’. Se le cose ti vanno male (o bene), il dio che hai in testa non c’entra assolutamente nulla con tutto ciò. La vita procede per la sua strada, il cosmo si muove per le sue leggi intrinseche. Insomma, la realtà, la vita non obbedisce a un dio capriccioso che comanda le cose dal proprio centro di controllo …
“Dio non fa le cose, ma fa in modo che le cose si facciano”, è probabilmente la postura mentale che dovremmo assumere da ‘credenti’ nel XXI secolo. Non un dio interventista, ma la forza che – intrinseca alla realtà – la muove perché questa, in nome solo delle proprie leggi autonome, giunga a compimento.

Non solo. Qui Gesù distrugge l’equazione peccato = castigo, e quindi la tentazione di credere che l’umanità sia divisa in buoni e cattivi, santi e peccatori, giusti e sbagliati. Il mondo è costituito solo da ‘ladroni sulla croce’ e non da uomini e donne premiati o puniti per le proprie azioni morali.
Esistesse un Dio che amasse in base alla morale delle sue creature, cesserebbe di fatto essere l’Amore, che si dà non per i meriti acquisiti (si chiamerebbe premio), ma perché non può non farlo. Come la luce non può non illuminare.
Paolo ha provato a balbettare qualcosa sull’essenza di Dio: è magnanimo, buono; non invidioso. Non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta” (1Cor 13, 4-7). Questo è il dio di Gesù. Anche se dobbiamo pensare il Mistero impronunciabile infinitamente oltre tutto questo.
Se la quaresima ha un senso, è quello di disintossicarci da una falsa immagine di Dio. Occorre convertirci, trasformare la nostra mentalità, smetterla di sbagliarci su Dio, perché, come diceva Turoldo: «Sbagliarsi su Dio è un dramma, è la cosa peggiore che possa capitarci, perché poi ci sbagliamo sul mondo, sulla storia, sull’uomo, su noi stessi. Sbagliamo la vita».