Mc 1, 21-28
«Gesù Nazareno, sei venuto a rovinarci?» (v. 24), domanda l’uomo posseduto da uno Spirito impuro.
Molti anni prima, il vecchio Simeone ebbe a dire alla madre di Gesù: «egli è qui per la rovina di molti in Israele» (Lc 2, 34).
Entrare in contatto con Gesù, se si è disposti a lasciarsi toccare in profondità, significa avere la vita rovinata. Aprirsi all’Aperto non lascia indifferenti: egli inquieta, destabilizza, demolisce, provoca, interroga.
Gesù lo anticipò: «Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; sono venuto a portare non pace, ma la spada» (Mt 10,34). Non la serena e paciosa incoscienza dinanzi al dolore del mondo che crede che basti ‘dirsi cristiani’ per sentirsi dalla parte giusta, e magari di Dio. Ha portato la spada per separare l’antico dal nuovo, a far uscire dai contesti rassicuranti ammantati di ‘verità’ come polizze sulla vita e a prendersi cura degli ultimi, per testimoniare che ‘credere in Dio’ significa in ultima analisi avere fiducia nella vita. La spada recide e chiede di decidere da che parte stare, di rompere con tutto ciò che non è a favore di questa vita e che non fa crescere, che è arido, sterile, superficiale, banale.
Marco ora chiede a me, a te, a tutti noi: e tu, da che parte stai?
“Cisto, mia dolce rovina,
gioia e tormento insieme tu sei.
Impossibile amarti impunemente,
dolce rovina, Cristo,
che rovini in me tutto ciò
che non è amore.
Impossibile amarti senza pagarne il prezzo
in moneta di vita.
Impossibile amarti e non cambiare vita
e non gettare dalle braccia il vuoto
e non accrescere gli orizzonti che respiriamo”.
(David Maria Turoldo 1916 – 1992)