Lc 2, 41-52
A leggere attentamente il vangelo ci s’accorge che Gesù pare faccia di tutto per frantumare l’idea ‘piccolo borghese’ di famiglia, ossia quella che una certa ideologia cattolica ha trasformato in ‘famigliarismo’.
Siamo onesti: Gesù ha invitato a rompere con certi legami famigliari così stretti da essere coercitivi e dipendenze così totalizzanti da risultare mortali.
Lui stesso s’è liberato da pastoie famigliari che rischiavano di diventare totalizzanti. Marco, all’inizio del suo scritto ci ricorda che mentre Gesù sta parlando gli vengono a riferire che ‘là fuori’ si trovano sua madre e i suoi fratelli, scandalizzati per le cose che andava dicendo. E quest’uomo di una libertà interiore senza eguali, risponde loro: lasciatemi qua, devo fare la mia strada, devo portare a compimento ciò che ‘io sono’ e non quello che voi immaginate e che reputate essere bene per me.
Gesù non perde l’occasione di ricordarci che i legami di sangue non sono l’ultima parola sulla vita di una persona.
«È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla» (Gv 6, 63).
E in fondo aveva ragione anche il poeta: «Non è la carne e il sangue, ma il cuore a renderci padri e figli» (Friedrich Schiller).
SI DÀ ‘FAMIGLIA’ LADDOVE CI SI AMA.
«Mia madre e i miei fratelli son quelli che ascoltano e mettono in pratica la mia parola», ossia vivono la modalità dell’amore, ripete Gesù. Perché solo l’amore è fecondo, in quanto la sola forza in grado di produrre vita. E fecondità non coincide con generatività, mettere necessariamente al mondo figli. Fecondità significa vivere in modo da venire alla luce di sé. Sbocciare come donne e come uomini completi. E l’unico modo, l’unica strada per far questo è l’amore.
Alla fine, Gesù non torna “a casa” coi suoi.
Ognuno deve trovare il proprio luogo esistenziale, non indicato e preparato da altri, e poi abitarlo con ostinazione. Ma prima occorre rompere, lasciare tane e nidi, zone di confort caldi come uteri materni, e lasciar morire i propri ‘padri’ ossia sganciarsi da legami troppo direttivi di personalità forti cui abbiamo concesso uno smisurato potere su di noi (cfr. Lc 9, 57-61).
Gesù deve occuparsi delle “cose del Padre suo” (cfr. v. 49b). La via obbligata per portare a compimento la propria vita è anzitutto quella che si prende cura del Padre che ci abita, ossia la «Presenza vivente, immanente nel creato e nelle creature che guida verso il compimento del loro specifico e personale destino» (G. Vannucci).