Mi trovo a mettere a posto gli ultimi appunti di un Corso che terrò a breve. Si tratterà degli Archetipi, narrati lungo il ‘Viaggio dell’Eroe’, il cammino umano da compiersi per divenire finalmente adulti. L’ultimo archetipo che si prenderà in considerazione sarà quello del Mago, che non ha nulla a che fare con formule, pozioni e bacchette magiche, ma rappresenta semplicemente la parte di noi che crede ancora – e nonostante tutto -nella possibilità di creare, modellare, e dare forma alla propria vita.
Penso che alcuni passaggi degli appunti possano dire qualcosa sulla festa dell’Assunzione di Maria, la donna che ha lavorato su sé, facendo della sua vita un’opera d’arte.
Il Mago conosce la grazia, e vi attinge, non come un evento insolito, ma come possibilità di collegarsi con la fonte ultima dell’energia dell’universo. Egli arriva a dire, da persona adulta qual è: ‘sia fatta la tua volontà’, consapevole di essere già parte di Dio, e quindi che la sua volontà e il nostro bene a livello più profondo sono parte della medesima rivelazione di Dio.
Se da un lato il Mago possiede una sorta di umiltà nel rendersi conto di essere solo una piccola parte della grande, costante attività della creazione, dall’altro la sua rivendicazione di cooperare con Dio alla creazione è un atto perentorio.
Egli giunge così ad una totale accoglienza del mondo, con le sue gioie e i suoi dolori. Le sue luci e le sue ombre. Il Mago smette di lottare, ma lascia affiorare naturalmente la mente della ‘non-azione’, intesa come ‘il non compiere azioni per un beneficio egoistico’.
Invece di lottare contro la debolezza, la solitudine, la paura, il dolore, il Mago li accoglie come parte della realtà dell’esistenza e quindi si apre alla comprensione del loro messaggio.
Negare il dolore significa non lasciarlo andare. Soltanto vivendolo, accogliendolo, sentendolo, parlandone ‘ad alta voce’, si può imparare da esso e continuare a provare gioia e potere in un modo nuovo.
Quando in India un villaggio soffriva di siccità, gli abitanti mandavano a chiamare il mago della pioggia. I maghi della pioggia non fanno nulla per far piovere; si limitano ad andare al villaggio e a stare lì, e la pioggia arriva. Non fanno venire la pioggia, la lasciano venire: più esattamente, la loro qualità interiore è di permettere che si affermi ciò che crea un clima in cui ciò che deve essere avviene. Forse avete conosciuto persone così. Non è che facciano splendere il sole, cadere la pioggia, lavorare con più impegno la gente nel proprio ufficio, ma quando sono presenti, tutto va alla perfezione, e in apparenza senza alcuno sforzo.
L’archetipo del Mago sa che non deve fare tutto, basta faccia la sua piccola parte. Non è unico e indispensabile per l’opera; è il collaboratore della ‘dea della creazione’, del destino suo proprio e di quello del mondo. I Maghi acquistano una grande fede in sé stessi, in Dio, nell’universo. Questa fede rende possibile talvolta semplicemente attendere la luce, proprio nel momento in cui ciò che accade sembra poter indurre la disperazione.
La fede del Mago è una fede forte che a un certo livello del nostro essere, noi scegliamo quello che ci accade: comprese le nostre malattie e la nostra morte. Facciamo queste scelte, non per masochismo ma perché ci insegneranno quello che dobbiamo imparare. È quindi importante fare onore ad ogni cosa ci accada, come un modo di fare onore alle nostre scelte di imparare la lezione necessaria.