Mt 13, 44-52
Esiste un Io al di là dell’ego. Un ‘essere’ che non coincide con la nostra identità.
Siamo ‘altro’ dal fare e l’avere. Siamo il Sé autentico, testimone di ciò che facciamo e possediamo. E questo il vangelo lo chiama ‘regno di Dio’, il ‘tesoro nascosto’, la ‘perla di grande valore’.
Per ignoranza e superficialità – come un grande inganno – m’illudo che la mia identità sia la mia essenza. M’illudo d’essere il mio corpo, i miei pensieri, le mie passioni, i miei sentimenti.
Io-sono-la-Vita che si serve di tutte queste cose come strumento, e quando tutto ciò, per un motivo o per l’altro, sfumerà, ciò che rimarrà sarà semplicemente la Vita che sono. La mia essenza appunto.
E proprio a questo nucleo incandescente, l’unica cosa che conta veramente, che Gesù invita a guardare, dedicare tempo, energia, attenzione.
Occorrerà dunque ‘vendere tutti i proprio averi’ per godere di questo ‘tesoro nascosto’. Fuori di metafora, occorre liberarsi dalle illusioni dell’ego, svegliarsi dal sonno che c’illude che ciò che conta è in realtà l’impermanenza di cui ogni cosa è segnata. Staccarsi dagli attaccamenti al quel ‘vapore’ che ora c’è, ma fra un attimo non è più, ma che pensiamo sia la roccia su cui ogni cosa possa edificarsi.
Questo tesoro è sotto terra, dice il vangelo. È nascosto, avvolto dal buio e dal silenzio. Occorre compiere un viaggio verso l’interiorità per farne esperienza. Un viaggio spirituale.
«Non andare fuori, rientra in te stesso: è nel profondo dell’uomo che risiede la verità», dice Agostino, e più tardi Meister Eckhart: «Chi vuole penetrare nel fondo di Dio, in ciò che ha di più intimo, deve prima penetrare nel suo fondo proprio, in ciò che esso ha di più intimo. In effetti nessuno può conoscere Dio, se prima non conosce sé stesso».
Prima si vende e poi si compra dice il testo.
Non si acquisisce Vita se prima non la si è donata, ossia non vi è Vita senza distacco, e vittoria sul mio e sull’io. Vita senza morte del piccolo sé.
Fattane esperienza, si vivrà finalmente la beatitudine.
«Che ci si sciolga dalla vanità dell’ego, questa è la suprema felicità» (Canone Buddhista).