OMELIA XVIII domenica del Tempo Ordinario. Anno B

Gv 6, 24-35

“Dio allevia molte pene, non ci fosse bisognerebbe inventarlo”. Si tratta di un passaggio di ‘Cambiare l’acqua ai fiori’, il fortunato romanzo di Valérie Perrin uscito in Italia nel 2021.

Gesù domanda ai suoi: «voi mi cercate perché avete mangiato di quei pani…» (v. 26).
Siamo sempre lì.

Cosa spinge a ‘cercare Dio’? Cosa muove chi crede a credere? Forse il fatto che ‘Dio allevia molte pene?’. O perché garantisce il ‘pane’ necessario, la salute fisica, magari una sicurezza economica, il benessere dei propri familiari, la pace nel mondo…?
La credenza in un dio può ridursi ad un ‘self service’ religioso, in cui trovare ciò che aiuta a star meglio, consolazione alle proprie frustrazioni, polizza assicurativa sulla vita, serenità dell’anima?
Insomma si sta ‘dalla parte di Dio’ per un’utilità, fosse anche la più nobile?
Ognuno risponda nel segreto del proprio cuore, personalmente mi convinco sempre più che un Dio utile è semplicemente inutile. L’utilità spingerà sempre a cercano i ‘doni’ di un dio, piuttosto che Dio come dono.
Il grande pastore luterano, Dietrich Bonhoeffer scrive: «Io vorrei parlare di Dio non ai confini, ma al centro; come parlare di cristianesimo al margine di ogni linguaggio religioso? Come parlare di Dio senza religione?». Per il teologo tedesco le religioni e i loro apologeti hanno trasformato Dio in un “tappabuchi”, in un ‘deus ex machina’, come quelle divinità che apparivano sulla scena del teatro greco mediante un apposito meccanismo e intervenivano per risolvere una situazione difficile. Dio diventa così risorsa necessaria, ipotesi esplicativa, il fondamento della fiducia, dell’etica e della speranza.
Ma il mondo è giunto alla sua ‘maggiore età’ e non ammette più questo piccolo dio.
«Essere cristiano non significa essere religioso in un determinato modo (…), ma significa essere uomini. Il nostro rapporto con Dio non è un rapporto religioso con un essere, il più alto, il più potente, il migliore che si possa pensare – questa non è autentica trascendenza – bensì una nuova vita nell’“esserci per gli altri”, nel partecipare all’essere di Gesù. Il trascendente non è l’impegno infinito, irraggiungibile, ma il prossimo che è dato di volta in volta che è raggiungibile». (D. Bonhoeffer, Resistenza e Resa).