OMELIA XXII domenica del Tempo Ordinario. Anno B

Mc 7, 1-8.14-15.21-23
I farisei – di ieri e di oggi – considerano il rapporto con Dio come mera osservanza. Se s’obbedisce allora si è con lui, altrimenti fuori. Per loro la Legge di Dio, e la sua ottemperanza, è sopra ogni cosa. Senz’altro al di sopra dell’uomo.
Gesù, in questa dura requisitoria, sta affermando che i ‘suoi’ discepoli possono “mangiare il pane” anche con mani sporche. Fuori di metafora: l’essere umano è autorizzato ad entrare in comunione con la divinità con tutta la propria vita – simboleggiata qui dal ‘pane’–, ovvero così com’è, santo o peccatore, forte o fragile, integro o sporco che sia. La questione – ma soprattutto la bella notizia – non è di “farcela” per entrare in relazione con la divinità, ma nella propria condizione – qualunque essa sia – sentirsi legittimati a mangiare la Vita.
La Misericordia si nutre di miseria.
Il possedere “le mani sporche” diventa così l’occasione, e non impedimento, alla comunione con Dio. Ad essere abbracciato dal Padre è il figlio disgraziato che torna a Casa partecipando al banchetto della Vita e non quello pulito che si sente a posto perché nei campi a lavorare come uno schiavo per meritarsi qualcosa dal padre-padrone (cfr. Lc 15, 20), e l’unica pecora presa sulle spalle dal pastore è quella perduta non le novantanove al sicuro nel recinto (cfr. Lc 15, 5).
Nel vangelo, il ‘pane’, la Vita, è offerto a tutti gli impuri della storia: agli emarginati, agli ingiusti, ai reprobi, agli sbagliati, ai fragili, elle prostitute, ai peccatori. Nel nostro brano gli unici che pare rimangano esclusi dalla possibilità di nutrirsi di Dio sono proprio coloro che si reputano ‘a posto’, i puri.
«Gli ultimi saranno i primi, e i primi, ultimi» (Mt 20, 16), e questo perché l’unico vero peccato è non credere all’amore, non credere che ci sia un Dio che si dà non come premio ma solo come dono.
Alla fine, a sedersi alla tavola della Vita saranno coloro che non se ne sono mai ritenuti degni.
Il Vangelo di oggi ci fa memoria che ciò che salva è solo la fede: accoglienza di un amore fontale e gratuito, e non una faticosa conquista morale.