OMELIA XXVIII domenica del Tempo Ordinario. Anno B

Mc 10, 17-30

«Gesù diventa il maestro del desiderio, colui che insegna ad ‘amare quelle assenze che ci fanno vivere’» (Rainer Maria Rilke).
Il personaggio del nostro brano pare avere tutto: è ricco (v. 22b), è giovane (secondo il parallelo di Matteo), è nobile (secondo quello di Luca), è un pio osservante… ma vive nell’angoscia.
Si può essere anche molto religiosi ma vivere da tristi. Perché una religiosità che non intacca la vita perché solo precettistica, osservanze, preghiere, da una parte non ha nulla a che fare con Dio, dall’altra produce frustrazione.
Questo tale – potremmo dire – è tutto ‘casa e chiesa’, ma la sua vita sta da un’altra parte. Ecco, Gesù è l’uomo che fa incontrare strade parallele. Gli dice: ‘guarda che se non metti in relazione la tua vita concreta con le esigenze del Vangelo, ossia la vita dell’altro, non potrai mai giungere alla pienezza di te, non saprai mai chi sei veramente’.
Il possesso dei beni e il dirsi cristiani, o peggio ancora ‘religiosi’, non è polizza per la felicità.
«Vendi quello che hai e dallo ai poveri…» (v. 21). Gesù qui non invita alla povertà – che rimarrà sempre una scelta personale – ma alla condivisione: quello che possiedi trasformalo in relazione per il bene dell’altro e comincerai a vivere anche tu. La figura tipologica del ‘giovane ricco’ evangelico può dirsi tutt’al più un uomo felice ma ancora lontano dalla salvezza, ossia dall’esperire il cuore compiuto, realizzato.
Credo che questo brano ci domandi in modo radicale: cosa stai cercando? La felicità che in ultima analisi coincide con tutto ciò che non porta in sé l’ombra della paura, della sofferenza, del conflitto, o piuttosto l’esperienza della salvezza, ovvero trovare la risposta definitiva al senso della vita?
A ciascuno l’ardua risposta.