Il 2016 è l’anno dei festeggiamenti del grande drammaturgo inglese William Shakespeare, a quattrocento anni esatti dalla sua morte, avvenuta il 23 aprile del 1616.
Mi sono imbattuto in questi ultimi giorni nel celebre passaggio del Macbeth:
«La vita è solo un’ombra che cammina, un povero commediante che si pavoneggia e si dimena per un’ora sulla scena e poi cade nell’oblio: la storia raccontata da un idiota, piena di frastuono e di foga, e che non significa nulla» (atto5, scena 5).
La vita sarà proprio questa?
Occorre andare molto cauti nel negare la percezione esistenziale di Macbeth. Il novecento ha conosciuto uno stuolo di personaggi che avrebbero sottoscritto col sangue la definizione di vita dell’eroe shakespeariano, penso – per rimanere in ambito letterario – al nostro Pavese o al rumeno Emil Cioran.
Ma senza andare troppo lontano, molto probabilmente ciascuno di noi ha attraversato deserti e notti insonni a domandarsi che senso ha, in fondo, la propria vita, inseguire sempre una meta che come il mito di Tantalo pare irraggiungibile, mettere al mondo figli in un mondo sempre meno buono, ma soprattutto amare.
E poi mi viene in mente uno splendido sonetto, sempre del Bardo, il numero 116
Non sia mai ch’io ponga impedimenti
all’unione di anime fedeli; Amore non è Amore
se muta quando scopre un mutamento
o tende a svanire quando l’altro s’allontana.
Oh no! Amore è un faro sempre fisso
che sovrasta la tempesta e non vacilla mai;
è la stella-guida di ogni sperduta barca,
il cui valore è sconosciuto, benché nota la distanza.
Amore non è soggetto al Tempo, pur se rosee labbra e gote
dovran cadere sotto la sua curva lama;
Amore non muta in poche ore o settimane,
ma impavido resiste al giorno estremo del giudizio:
se questo è errore e mi sarà provato,
io non ho mai scritto, e nessuno ha mai amato.
E così mi rincuora sapere che vi è una anche una compagnia di amici che credono alla vita in quanto salvata dall’amore. Se la propria storia ha un senso, questo risiede nel fatto nel sentirsi amati e di poter amare qualcuno. Allora la vita non parrà più follia, ma un’avventura così matura e forte da resistere anche al giorno estremo del giudizio.