Il nove febbraio scorso è stato l’anniversario della morte di Fëdor Michajlovič Dostoevskij (1821-1881). Scrittore immenso e geniale, uomo complesso, cristiano con una fede perduta e ritrovata.
Attraverso i suoi romanzi è riuscito a scandagliare tutte le dimensioni del mistero dell’uomo: la grandezza, l’altezza, la profondità, la bassezza. Per lui l’uomo è un essere ‘stratificato’, una stratificazione che va dall’inferno al paradiso. Per questo nei suoi romanzi ne racconta prima il sottosuolo, l’inferno, per poi raccontarne le pieghe più nascoste, sino ad elevarlo alla sua verità più profonda, qualcosa che ha a che fare con la medesima immagine di Dio. Per questo un idiota diventa figura di Cristo, una prostituta una santa, un omicida un redento.
Un uomo innamorato di Cristo, quello appreso soprattutto attraverso il Vangelo di san Giovanni, il più letto tra gli evangelisti. Un amore mosso da una fede che lo porterà a scrivere «Allora Cristo ci dirà: venite anche voi, venite, o ubriaconi! Venite, o deboli! Venite, o dissoluti! E ci dirà: esseri vili, siete creati ad immagine della bestia e siete segnati dalla sua impronta. Venite comunque anche voi! E i saggi diranno, e i prudenti diranno: Signore, perché li accogli? Ed egli dirà: Se li accolgo è perché ciascuno di essi non se ne è mai giudicato degno. E ci tenderà le braccia, e cadremo ai suoi piedi, e scoppieremo in singhiozzi e allora comprenderemo ogni cosa. Sì, allora comprenderemo tutto… Signore venga il tuo Regno». (da Delitto e castigo)
Bellissimo . Commovente. Consolante e confortante.